E’ assolutamente necessario dare alle famiglie un’informazione puntuale sui temi che riguardano il cibo, l’ambiente e il futuro del mondo, e proporre azioni educative anche piccole, ma con contenuti concreti da diffondere a tappeto sul territorio. L’informazione-educazione dovrebbe iniziare dal concetto di “cibo”, a tutti noi molto caro.
Una parte della popolazione del mondo ha fame, mentre nei paesi a sviluppo avanzato la disponibilità di cibo è grande, ed è connotata da sprechi e ricadute sulla salute come l’obesità, il diabete, la sindrome metabolica, i disturbi del comportamento alimentare. Negli ultimi decenni il nostro modo di mangiare si è drasticamente trasformato: i ritmi di vita e le scelte di mercato ci inducono a comportamenti che spesso non vanno d’accordo né con la sostenibilità dell’ambiente, tanto meno con la nostra salute.
Nei paesi sviluppati come il nostro, il cibo abbondantemente disponibile viene prodotto per lo più da coltivazioni intensive, con un impatto ambientale ormai non più sostenibile. Questo tipo di produzione, fortemente incoraggiata dalla maggior parte dei governi, usa grandi quantità di pesticidi, fertilizzanti e specie vegetali OGM, provocando di fatto il progressivo annullamento della biodiversità. Nel contempo altri paesi, per lo più poveri, non riescono ad esportare i loro prodotti ad un prezzo equo, né a produrre a sufficienza per sé.
Una risposta a questo andazzo poco lusinghiero potrebbe essere l’agricoltura biologica, che inquina meno, ma ha una resa minore di quella convenzionale. D’altra parte, viene sostenuto ormai da tempo che riducendo i consumi di alimenti di origine animale, si ridurrebbe la necessità di produrre mangimi in modo intensivo (per lo più a base di mais e soia). Gran parte dei terreni agricoli sono attualmente coltivati a cereali e il 40% della produzione mondiale di questi cereali è destinato a diventare mangime per gli animali che, a loro volta, sono allevati per produrre carne, latte e uova. La riduzione dell’allevamento intensivo fornirebbe, dunque, “spazio agricolo” che potrebbe essere coltivato biologicamente, con produzione di frutta e verdure di qualità.
Un’alimentazione meno ricca di proteine animali sarebbe, quindi, più sana per noi (molte malattie metaboliche sono peggiorate e, a volte, causate da un eccessivo consumo di carne) e per l’ambiente.
Come si può operare il cambiamento? Cosa possiamo fare noi in concreto nelle nostre famiglie?
Qualche suggerimento:
- abituare fin da piccoli i nostri figli a mangiare molti cibi di origine vegetale, con particolare attenzione alle coltivazioni stagionali e locali;
- preparare i pasti tenendo presente i componenti principali degli alimenti e accostarli tra loro facendo attenzione al gusto, ai colori, ma anche alla propria cultura e alle proprie tradizioni: poche proteine animali, molti legumi, molta verdura e frutta, pochi grassi animali, meglio i condimenti vegetali (dieta mediterranea);
- acquistare verdure coltivate all’aperto, cresciute grazie all’energia del sole, e non in serra (le serre vanno scaldate e quindi inquinano);
- scegliere prodotti territoriali, che devono essere trasportati solo per brevi tratti (filiera corta e sostegno alle le aziende locali);
- scegliere cibi da produzione biologica o biodinamica seria che rispetta i cicli naturali e non utilizza concimi o pesticidi sintetizzati chimicamente. Cioè preferire prodotti di alta qualità, coltivati «secondo natura», che garantiscono fertilità del suolo a lungo termine e allevamenti rispettosi degli animali;
- acquistare prodotti del commercio equo-solidale, contribuendo ad assicurare ai produttori dei paesi più poveri del mondo un reddito sufficiente per vivere e produrre nel rispetto dei diritti fondamentali dei lavoratori;
- mangiare frutta e verdura in abbondanza: assicurano sostanze nutritive essenziali all’organismo, inquinano meno le acque e la loro produzione grava meno sul clima rispetto ai prodotti animali;
- consumare animali che possono pascolare in libertà: sono più sani rispetto a quelli che trascorrono gran parte della loro vita in stalla o in batteria;
- scegliere il pesce del luogo. Lo sfruttamento ittico è eccessivo per molte specie marine, il cui habitat è minacciato da metodi di pesca troppo aggressivi. L’allevamento non rappresenta un’alternativa valida né dal punto di vista nutrizionale che ambientale.
- scegliere i cibi in cui c’è un minore imballaggio o che hanno contenitori riciclabili, per evitare ulteriori fonti di contaminazione;
- preparare pietanze di “recupero” (polpettone, zuppa, ecc) per non sprecare il cibo avanzato.