Oggi l’educazione alimentare è uno degli argomenti più gettonati. Essa è ritenuta necessaria per far fronte all’epidemia di obesità (Globesity), importante per strutturare buone abitudini nutrizionali nei bambini e negli adolescenti, insostituibile per imparare a leggere le etichette e a fare scelte alimentari consapevoli. Eppure, in reltà, questa disciplina così utile ed interessante viene spesso affrontata in modo frammentario e contraddittorio.
Alcuni paradossi ed incongruenze la connotano. La chiarezza dei messaggi educativi relativi alla necessità di consumare pochi grassi e poco sale, di limitare l’introito di carne ed incrementare quello di vegetali, di preferire cibi “veri”, stagionali e territoriali viene spesso offuscata e confusa dalla presenza contestuale di messaggi contraddittori ai quali bambini e ragazzi sono sottoposti. Qualche esempio? La presenza di distributori di snack preconfezionati a scuola e nelle palestre, i messaggi pubblicitari che raccontano mezze verità o vere e proprie bugie, la distribuzione nelle scuole di frutta confezionata, cosparsa di antiossidanti e proveniente da lontano, eccetera.
Riflettiamo un attimo: cosa manca? Qual è la vera criticità? Dove sta il bug del sistema?
Probabilmente manca la cosiddetta “visione d’insieme”, ovvero la possibilità di vedere e percepire l’essere umano come parte integrante di un sistema alimentare globale. Aiuterebbe molto, infatti, porre l’attenzione sul concetto di interdipendenza dell’alimentazione umana con tutti i sistemi naturali. Forse questa strategia, messa in atto a scuola, a casa, nei comuni luoghi in cui si fa “educazione”, potrebbe aiutare a mettere a fuoco il vero bug del sistema e rendere l’educazione alimentare più efficace. Così, le domande a cui rispondere non sarebbero solo quelle relative alla salute dell’uomo e agli alimenti più o meno protettivi, ma contemplerebbero una visione più globale e verterebbero sulla possibilità di un’alimentazione sostenibile per tutto il pianeta, essere umano compreso.
Un bel libro di Lang e Heasman, pubblicato nel 2004 (http://aof.revues.org/index237.html) sostiene l’importanza di riconoscere le mutue dipendenze, le relazioni simbiotiche e le forme sottili di manipolazione in campo alimentare e consumistico. Questa prospettiva, che pone al centro dell’educazione e della consapevolezza la salute dell’uomo e dell’ambiente tutto, contrappone dunque alla visione prettamente “biologica” quella “olistica” più garante della salvaguardia della diversità ecologica.
Sarebbe bello se nelle nostre famiglie, nelle nostre scuole e nelle nostre palestre si potesse ricostruire il legame fra essere umano e ambiente, sia sul piano cognitivo che su quello etico. Sono convinta, infatti, che insegnare con convinzione e coerenza ai nostri bambini e ai nostri adolescenti che tutto ciò che mangiamo proviene da altri esseri viventi e diviene, una volta mangiato, parte di noi li aiuterebbe a rispettare gli alimenti e le loro fonti, a cibarsene con parsimonia e nel modo più adeguato a preservare lo stato di salute. Sono altresì certa che spiegare loro che nutrirsi significa relazionarsi e condividere, che l’agricoltura è parte irrinunciabile del nostro sistema sociale e le tradizioni un patrimonio da preservare, li aiuterebbe a crescere più consapevoli delle loro origini e più rispettosi dell’ambiente che un giorno sarà la loro casa.