Distratta. E’ vero, sono spesso distratta. Di quella distrazione che giova all’equilibrio emotivo; di quel divagare proficuo che regala leggerezza ai momenti pesanti. Distratta rispetto al rumore superfluo del mondo e al clamore che sfuggo e detesto.
La mia attenzione, dunque, è volubile e, passando dall’ascolto alla meditazione, dalla riflessione alla lettura, dall’approfondimento alle soluzioni, mi rende irrequieta dentro e curiosa fuori.
Sono una nutrizionista distratta. Mi distraggo spesso dal peso corporeo dei miei pazienti e mi concentro d’istinto sul loro racconto, sulle emozioni espresse, sulla mimica e sugli accenti che accompagnano i fonemi, che siano essi sussurrati con timidezza o urlati con ostentazione.
Osservo i segni esterni dei loro dolori e delle loro ansie e mi distraggo, così, dal numero espresso dalla bilancia, giustificandomi con l’idea che quel numero probabilmente è un approdo e che il viaggio, in fondo, è la cosa su cui vale davvero la pena di concentrarsi davvero.