Pane e parole

La pazienza per noi stessi

A volte alcuni gesti ci sembrano, dopo il tempo di un rapidissimo ritorno alla razionalità, sciocchi e, in fondo, privi di significato e di buon senso. La verità, invece, è un’altra. Gli slanci che illuminano o rabbuiano una giornata o un solo istante sono, forse, risposte sensate a richieste del nostro corpo e della nostra mente che non riusciamo a decifrare. E quando dico corpo, così come quando dico mente, intendo quella “chimica” che è segnale preponderante e atavico e che domina su tutto. Facciamocene una ragione.

Capita quindi di ritrovarsi ad abbracciare un albero, di correre incontro a un amico che ci è mancato, di piangere per la fine di un film o di riempirci di cibo fino a scoppiare. Capita e ci sembra fuori da ogni logica e dalla “fisiologia”! Ma, quando si parla di risposte chimiche a un qualche bisogno, sia esso fisico o psichico, come facciamo a stabilire con assoluta certezza cosa è fisiologico e cosa, invece, non lo è?

Mi capita spesso di ascoltare il racconto di giovani donne che, in momenti di estrema solitudine e frustrazione, ingurgitano cibo senza sosta e, soprattutto, senza fame. E me lo raccontano con le lacrime agli occhi, terrorizzate dall’essere irrimediabilmente compulsive.
E’ preoccupante, sì, registrare un aumento di questi comportamenti, anche fra i ragazzi e le donne più avanti con l’età. Ma lo è ancora di più notare che, nella nuova e legittima consapevolezza delle persone, maturi il concetto che tutto ciò che accade deve avere necessariamente un nome ed essere assolutamente catalogato come fisiologico o patologico.

Se mangio per una giornata in modo disordinato mi verrà il colesterolo alto; se ieri ho mangiato tutto il pomeriggio senza riuscire a smettere sono bulimica; se mi concedo qualche ora sul divano sono sedentaria, ecc. ecc. Si rischia, così di definire categorie rigide, omologanti, che appiattiscono le identità; che le negano e a volte le annullano.
Per fortuna, invece, non siamo né provette in cui, una volta inseriti determinati reagenti, avremo ovvi prodotti; né scatole Lego, da montare con le istruzioni senza permettersi distrazioni. Siamo dotati di istinto, emozioni, bisogni che insieme compongono ciò che siamo, con i nostri limiti, i nostri punti di forza, le nostre fragilità e i nostri comportamenti.

Se un giorno, quindi, vi capiterà di abbracciare un albero non convincetevi di essere folli, ma solo sensibili e felici di vivere in armonia con la natura. Se vi capiterà di mangiucchiare per tutto il pomeriggio, non sentitevi in colpa; perdonatevi quelle ore di “distrazione” dalle regole e di compensazione di una qualche frustrazione. Se rimarrete silenziosi ed introversi per qualche ora, non sentitevi asociali o depressi, ma solo bisognosi di tempo per rielaborare le vostre emozioni.
Se un inciampo diventa quotidianità, allora sì, andate fino in fondo; ma se esso rimane sporadico abbiate pazienza con voi stessi per quei gesti e quei bisogni fuori dalle righe che ci rendono tanto umani!