Non sono toscana. Vengo da altri profumi, altri colori. Non sono di qua, né per sangue, né per caso. Sono isolana e della mia isola porto dentro l’odore acuto della zagara d’estate e l’ansia degli inverni appena freschi, come degli autunni stremati e lunghissimi.
Sono toscana, invece. Divenuta tale per volere di mio padre e di mia madre. Per scelta mia, dopo, per amore, tenacia e passione. Sono toscana, e sento questa terra come una madre generosa che ha consolato i pianti di nostalgia e condiviso la gioia di sentirmi a casa. Per emozione. Per convinzione.
Cos’è del resto, l’appartenenza a un luogo? Non è forse sentirsene parte? Non è sentire dentro di non potersene separare?
Sembro senza radici, ma non è affatto così. Affondo quelle d’origine sulla mia isola, piena di contraddizioni e bellezze che tolgono il fiato. Sono inquieta come quella terra fatta di lava e mare. Ma ho radici profonde anche qui, e non posso negarlo a me stessa se quando parto non vedo l’ora di tornare e di riempirmi nuovamente gli occhi della mia città e delle mie colline. Dei luoghi che vedono i miei passi, meditabondi, creativi e solitari.
Lungo i sentieri che scelgo per meditare, scorgo campi di un verde intenso che non so descrivere, tanto è particolare. I filari di vite che si rincorrono sulle colline lievi e rigonfie, come grembi fertili di madri in attesa, mi sembrano opera divina, ma poi ci ripenso. Perché divina? Perché, se questa sapienza è tutta umana? Se è dalle mani dell’uomo che sgorga la cura e l’attenzione per questa terra?
Non ho mai lavorato la terra. Faccio altro. E mi rammarico, spesso, di non avere i calli alle mani a testimoniare la mia passione per zolle e per spighe. Mi sento grata a chi mette in fila le viti e trebbia il grano, a chi suda e impreca di fatica e passione. Sono devota alla terra così come a chi la scolpisce con sapienza, rendendo la mia mente appagata da tutta la bellezza che dagli gli occhi arriva all’anima e se ne prende cura.
Cammino, dunque, e penso all’alba dei contadini. La terra è bassa, dicono, per figurarti la loro fatica. La terra è bassa. E camminare tra la fatica di anni di lavoro chino fa un certo effetto.
Scorgere le brutture di altri uomini, levatisi all’alba anch’essi, per cementificare, rubando zolle e sogni e bellezza a tutti noi, fa sgranare gli occhi. Fa tremare i polsi.
La bellezza è di tutti. La terra è di tutti.
E se domani la pioggia non la troverà salda e accudita mi sentirò persa. E se fra un mese al posto di questo sentiero troverò un muro e un cancello mi sentirò orfana e disperata.