Archivio mensile:novembre 2016
Il supporto nutrizionale nel disturbo oppositivo/provocatorio.
Il Disturbo Oppositivo-Provocatorio (DOP) consiste nella presenza nel bambino e nell’adolescente di livelli di rabbia persistente e inadeguata rispetto alla fase evolutiva, irritabilità, comportamenti provocatori e oppositivi, che provocano disfunzioni nelle modalità di adattamento e inserimento sociale.
Molto spesso, in questo disturbo viene a delinearsi e sovrapporsi un comportamento alimentare problematico, caratterizzato da disordine alimentare, destrutturazione delle sane abitudini, compulsività verso i carboidrati e rifiuto di interi gruppi alimentari. Ne possono risultare sovrappeso, carenze nutrizionali, malnutrizione generale, sovraccarico epatico e renale, disbiosi intestinale.
In genere, un bambino o un adolescente con DOP può arrivare all’attenzione del nutrizionista per invio da altro professionista o per iniziativa di uno o entrambi i genitori. Ecco che, come primo impatto, il nutrizionista può ritrovarsi davanti al racconto articolato che ha portato alla diagnosi e la grande frustrazione della mamma e del papà di fronte a comportamenti alimentari destabilizzanti e pervicaci, nei confronti dei quali sono richiesti strumenti di contenimento molto particolari e specifici. Vediamo, allora, gli aspetti principali del colloquio preliminare con gli adulti di riferimento e un esempio di percorso nutrizionale, attualmente in atto, attraverso il quale aiutare e supportare il bambino con DOP.
In prima battuta, ascoltare i genitori, a lungo e con attenzione, aiuterà a farsi un’idea di quel contesto familiare e di quel particolare bambino: le reti relazionali intra-familiari e, soprattutto, la descrizione delle dinamiche al momento del pasto forniscono al nutrizionista molti elementi attraverso i quali delineare una sorta di mappa familiare. Si tratta di un lavoro che richiede tempo, pazienza e più di un colloquio ma che risulterà prezioso per delineare le modalità del percorso nutrizionale da fare col bambino e con la sua famiglia.
Una volta posti i primi punti di riferimento relazionale, è opportuno “lasciarsi introdurre” nella sfera relazionale del piccolo paziente dal professionista o dalla persona che più gli è vicino e con il quale ha sviluppato la relazione maggiormente empatica. Nel caso che vorrei proporre, Marco (nome di fantasia), mi è stato descritto e raccontato dalla mamma, molto preoccupata, che, su consiglio dello psicoterapeuta, si è rivolta a me per avere consigli e strumenti. Marco ha 12 anni, soffre di DOP da almeno due, presenta tratti compulsivi nel consumo dei carboidrati e un rifiuto ostinato e perdurante nei confronti di frutta e verdura. Salta la colazione, è obeso, con un BMI superiore la 95° centile, soffre di gastrite e disbiosi intestinale.
Dopo tre colloqui con le figure di riferimento (il primo con la mamma, il secondo e il terzo con entrambi i genitori), lo psicoterapeuta mi ha introdotto nella sfera relazionale di Marco, il quale, inizialmente si è dimostrato molto diffidente. Tuttavia, nonostante le sue dimostrazioni di insofferenza e opposizione, siamo riusciti a incontrarci anche dopo nel mio studio: gli incontri con Marco (ad oggi, quattro, 45′ ognuno, a cadenza settimanale) vengono intercalati periodicamente a quelli con i genitori e a riunioni/confronto con lo psicoterapeuta. Ecco una breve descrizione del lavoro fatto col bambino fino a questo momento:
I incontro: il bambino ha difficoltà a rimanere concentrato a lungo, è rumoroso e fastidioso: cerco di capire cosa lo interessasse di più (sport, gioco, disegno, costruzione, fumetti, ecc) e scelgo di lavorare sulla sua curiosità, servendomi di un atlante anatomico per ragazzi. Marco ama il calcio, per cui il mio lavoro si focalizza sull’anatomia dei muscoli dell’arto inferiore. Si è mostrato incuriosito e vuole portare l’atlante a casa e ricalcare alcune figure da colorare. Lo ringrazio per questa sua idea che userò – gli dico – con altri bambini che seguo.
II incontro: Marco è molto inquieto e non mi permette di continuare il lavoro concettuale su muscoli, proteine e alimentazione; tuttavia, si è lasciato pesare e misurare, a patto che mi facessi pesare anch’io. Cerco di raccogliere informazioni sulla sua funzionalità intestinale: mi racconta, ridacchiando, che la sua pancia è sempre molto gonfia e che soffre spesso di flatulenza. Questo suo racconto è una buona occasione per invitarlo a masticare più a lungo e a prendere ogni mattina, prima di uscire, un probiotico.
III incontro: il bambino assume il probiotico con discontinuità, ma si dice fiero di riuscire a prenderlo almeno tre volte a settimana e che ne gradisce il gusto. Insieme a questo, su mio precedente suggerimento, ha mangiato dei biscotti al cacao. Ho messo da parte per lui degli adesivi di calciatori e gli chiedo di sceglierne uno a suo piacere. Si mostra molto contento. Riprendiamo a lavorare sui muscoli della gamba e sul suo sport preferito. Lo lascio raccontare di un’esperienza allo stadio vissuta con il papà e un amico di famiglia. Approdiamo a un tema fondamentale: la fatica. Mi dice che vedere uno dei calciatori affaticato lo ha fatto arrabbiare. Riesco a introdurre il tema che mi sta a cuore al momento: la forma fisica. Così, ci ritroviamo a parlare di quantità e lui, fiero e sfrontato, mi indica sull’atlante alimentare la sua enorme porzione di pasta! Lo gratifico per essere riuscito a descrivere bene la sua porzione.
IV incontro: non ha molta voglia di rispondere alle domande e si chiude a riccio, ma mi chiede di sfogliare l’atlante. L’incontro scorre quasi tutto in silenzio fino a poco prima di salutarci. Cinque minuti prima della conclusione mi dice se possiamo vedere insieme un video sul mio computer: lo accontento e gli faccio vedere un video che spiega come potenziare il lavoro muscolare nel calciatore all’aria aperta. Ne approfitto, ancora una volta per catturare la sua attenzione sul versante alimentare, spiegandogli che per ogni motore il tipo di carburante è fondamentale, scoprendo, così, la sua seconda passione: le moto da corsa. Lo ringrazio per avermi fatto incuriosire nei riguardi di un argomento a me estraneo.
Contestualmente, gli incontri con i genitori (ad oggi, cinque, con cadenza e durata non predefinite) hanno affrontato i seguenti argomenti:
– il momento del pasto e le difficoltà relazionali a tavola;
– la prima colazione: offerta di cibo senza forzature;
– il buon esempio: portare a tavola cibo vario e assaporarlo insieme
– la condivisione: il cibo come tramite del racconto.
Ho voluto descrivere questi primi quattro incontri col bambino, rischiando di tediare chi legge, per dare un’idea di quanto il lavoro con soggetti con DOP sia lungo e impegnativo. Strumenti irrinunciabili, la collaborazione stretta con genitori e psicoterapeuta, il confronto con gli insegnanti e con i nonni (anch’essi bisognosi di strumenti di contenimento “alimentare”), il rinforzo positivo, la fantasia e l’inventiva, oltre all’empatia e la pazienza.
Può essere d’aiuto fare alcune letture, che volentieri indico di seguito:
– I disturbi alimentari nell’adolescenza. G. Williams et al. Bruno Mondadori
– Gestire i comportamenti oppositivo/provocatori. G. Daffi. Edizioni Centro Studi Erickson
– Terapia familiare e disturbi del comportamento alimentare nelle giovani pazienti: stato dell’arte: http://www.jpsychopathol.it/issues/2011/vol17-1/05Abbate.pdf
– http://aidap.org/category/articoli-scientifici/
– https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25866195
– https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22688187
– https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25078296
Informazioni su sedi, orari e modalità operative dello studio nutrizionale
I prossimi appuntamenti formativi con ABNI
Adipometria: una tecnica fondamentale nei percorsi nutrizionali.
Lo studio della composizione corporea costuisce la misurazione di uno o più compartimenti corporei. Tale misurazione può essere effettuata a cinque livelli: anatomico, molecolare, cellulare, tessutale e corporeo. La tecnica dell’Adipometria è relativa al livello tessutale ed è in grado di studiare ecograficamente il tessuto adiposo sottocutaneo, il tessuto muscolare e le loro interconnessioni anatomiche. L’Adipometro, infatti, è un ecografo che opera una scansione bidimensionale delle aree anatomiche di cui si desidera valutare le caratteristiche strutturali e morfologiche degli strati adiposi e di quelli muscolari.
Questa tecnica offre molti vantaggi: dalla misura accurata degli spessori tessutali, alla valutazione qualitativa della densità tessutale e la possibilità di confrontare e registrare visibilmente i cambiamenti progressivi nella composizione e morfologia di grasso e muscolo in seguito a riabilitazione nutrizionale e attività motoria. Lo studio delle stratigrafie adipometriche consente al professionista di valutare i progressi nei percorsi di dimagrimento (bambini, adolescenti, adulti, anziani), riabilitazione e convalescenza (patologie, chirurgia, disturbi alimentari), miglioramento della performance sportiva (sia amatoriale che agonistica). Questa valutazione è un prezioso punto di partenza per impostare il piano alimentare e il percorso nutrizionale per l’individuo; ma rappresenta anche un utile strumento di valutazione che permette aggiustamenti, modifiche e adeguamenti del percorso intrapreso.
Importante anche la possibilità di fornire all’individuo un report completo e dettagliato della propria composizione corporea e degli obiettivi raggiunti, quale documento di supporto per eventuali controlli e valutazioni presso altre figure professionali.
L’esame adipometrico non è invasivo e non presenta controindicazioni.
Servizio disponibile presso il mio studio professionale.
Adipometro BodyMetrix BX2000
Olio d’oliva: il farm-alimento
Eccolo, l’olio nuovo! Lo abbiamo atteso tutto l’anno per scoprirne gli aromi, l’intensità, il colore e insaporire le nostre pietanze. Una presenza quotidiana e imprescindibile in ogni cucina mediterranea che si rispetti. Per fortuna – direi – viste le sue innumerevoli qualità nutrizionali e nutraceutiche!
L’olio extra vergine d’oliva (e.v.o.) è forse il condimento (o meglio chiamarlo alimento!) più studiato al mondo e non teme rivali in fatto di ricchezza nutrizionale e proprietà salutari, grazie alle quali previene malattie cardiovascolari, metaboliche, cutanee, gastrointestinali e tumorali; aiuta l’accrescimento corporeo in età evolutiva e favorisce la longevità. La sua valenza nutraceutica è dovuta alla composizione chimica che prevede, oltre alla componente grassa, peraltro simile a quella del latte materno, molti altri fattori (antiossidanti, polifenoli, vitamine liposolubili). La quota lipidica prevede la presenza cospicua di acido oleico (60-80%), acido grasso monoinsaturo appartenente alla famiglia degli omega 9, che, oltre alle sue proprietà antipertensive e antiossidanti, conferisce all’olio d’oliva la tipica stabilità in cottura.
Per tutte queste preziose proprietà, è importante consumarlo quotidianamente, meglio se crudo, per condire insalate, minestre, sughi e secondi piatti; senza dimenticare che, ancora oggi come un tempo, l’olio e.v.o. su del buon pane, meglio se integrale, costituisce un ottimo componente per merende sane, leggere e gustose.
Articolo pubblicato su Dimensione Agricoltura di novembre 2016
Zucchero: da spezia antica a nemico moderno.
Sebbene oggi lo zucchero sia il più comune e diffuso fra i dolcificanti, nel Medioevo era considerato una spezia, un condimento esotico molto apprezzato dalla Cristianità latina, ottenibile solo a caro prezzo per via commerciale ma coltivabile con relativa semplicità anche nel Mediterraneo. Le prime piantagioni di proporzioni consistenti pare fossero collocate in Sicilia, da cui fu esportato nel Quattrocento in Portogallo e successivamente nelle isole Canarie occidentali, in quelle di Capo Verde e del Golfo di Guinea. In breve, si trasformò nell’unico prodotto in grado di competere commercialmente con le spezie orientali. Il gusto molto apprezzato dello zucchero divenne popolare e molto richiesto, fino a sostituire in Occidente l’utilizzo del miele, nonostante i dolci fossero ancora considerati beni di lusso e relegati, dunque, alla tavola dei reali di qualche famiglia nobile.
Da allora ad oggi, lo zucchero di strada ne ha fatta davvero tanta. Attualmente il suo consumo eccessivo e per un tempo prolungato è considerato una delle cause principali di disregolazione metabolica e aumento di peso. Non ci sorprende, vista la gradevolezza del suo sapore, la sua diffusione nell’alimentazione quotidiana e la facilità con cui è possibile reperirlo.
Ma quali sono i meccanismi attraverso i quali lo zucchero può danneggiare il nostro metabolismo?
Iniziamo facendo un po’ di chiarezza. Il saccarosio, o zucchero da cucina, è un dimero costituito da glucosio e fruttosio.
Il glucosio è il monomero il cui livello nel sangue (glicemia) e nei tessuti è regolato da ormoni particolari (fondamentalmente, insulina e glucagone). È utilizzato da tutti i tessuti e gli organi del corpo, e dal cervello come “carburante” preferenziale. Viene accumulato nel fegato e nei muscoli sotto forma di deposito (glicogeno), utile nei casi di digiuno prolungato (come quello notturno) o negli sforzi fisici improvvisi. Il glucosio proviene dalla digestione di alimenti ricchi di carboidrati, dall’utilizzo delle riserve di glicogeno o da processi di neosintesi effettuati dal fegato a partire da altre molecole (amminocacidi, acido lattico e glicerolo). Quando la quantità di glucosio nel sangue è eccessiva per lungo tempo, l’eccesso contribuisce alla formazione di acidi grassi che, inevitabilmente, innalzano la quota di trigliceridi presenti nel sangue.
Il fruttosio è presente nella frutta e in alcuni ortaggi (carote, zucchine). Ma, oltre ad essere contenuto in questi cibi e nel saccarosio, esso è abbondante nello sciroppo di mais, detto anche sciroppo di fruttosio, presente in moltissimi prodotti industriali. La sua diffusione nella stragrande maggioranza degli alimenti confezionati è dovuta al fatto che, rispetto all’estrazione di saccarosio (da canna o barbabietola), la produzione di sciroppo di fruttosio è molto più economica.
Quali sono gli effetti dell’eccessiva assunzione di fruttosio? L’organo che li subisce in maggior misura è il fegato che, dopo aver trasformato una piccola quantità di questo zucchero in riserva energetica, comincia a produrre grasso che si deposita sulla superficie dell’organo (steatosi epatica non alcolica). Sono stati evidenziati altri effetti quali l’induzione di fermentazioni a livello intestinale con conseguente disbiosi a carico del microbiota e riduzione della sintesi di leptina, ormone che induce il senso della sazietà.
Sempre più spesso, oggi, si leggono sui social titoli allarmistici che additano lo zucchero quale uno dei cinque (o erano sette?) veleni della nostra epoca. La soluzione, però, non è escluderlo completamente dalla propria alimentazione, proprio come si farebbe nei confronti di un veleno, ma usarlo con moderazione, praticare quotidianamente attività fisica e associarlo correttamente agli altri alimenti. Pertanto, è importante sapere che l’aumento della glicemia può essere contenuto dalla presenza di fibra nello stesso pasto; diventa importante quindi consumare farine da cereali integrali e concedersi un dolce ogni tanto magari a fine pasto. Per quanto riguarda il fruttosio, quello contenuto nella frutta, in persone sane che ne consumano quantità adeguate, non sembra apportare danni al fegato. È importante invece ridurre, o meglio ancora evitare, i prodotti industriali che contengono sciroppo di mais, comprese le bibite edulcorate.
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