Archivio dell'autore: Giusi D'Urso

Informazioni su Giusi D'Urso

Giusi D’Urso è nata nel marzo del 1967 a Messina e fino all’età di diciassette anni ha vissuto in un piccolo paese della provincia siciliana. Nel 1984 si è trasferita a Pisa, dove ha terminato il liceo e si è laureata in scienze biologiche. Nonostante gli studi scientifici, ha sempre coltivato la passione per la scrittura e la lettura. Oggi infatti, oltre a lavorare come biologa alla facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Ateneo pisano e privatamente come Nutrizionsista, collabora con un settimanale locale e cura diversi blog di narrativa e poesia. “Il bene tolto” edito da Edizioni Progetto Cultura 2003 (Roma) è il suo romanzo d'esordio. Ha pubblicato inoltre Mangiando in allegria (Felici Editore, 2008), insieme a Paola Iacopetti e Spunti di nutrizione ed altro, (Manidistrega Editrice, 2009).

Alimentazione e nutrizione in adolescenza – 1 e 2 marzo 2022

L’adolescenza è quel momento in cui ogni modello pregresso, ogni abilità acquisita vengono messi in discussione in nome dell’autonomia e della condivisione di nuove tacite regole al di fuori del nucleo familiare. Gli adolescenti sviluppano una nuova consapevolezza sul cibo e sul corpo, e al contempo tendono a omologarsi e uniformarsi al gruppo dei pari. Questo li rende più fragili e più lontani dall’ascolto dei loro veri bisogni. La compagnia virtuale attraverso gli smartphone produce lo stesso effetto, con l’aggravante di distrarre i giovanissimi dalle sensazioni reali di fame e sazietà. L’adolescenza è un tempo di crescita difficile, in cui l’alimentazione, da sempre legame e tramite fra l’individuo e il mondo esterno, gioca nel bene e nel male un ruolo importantissimo. Con il gruppo online “Alimentazione e nutrizione in adolescenza”, previsto per l’inizio di marzo, affronteremo le tematiche relative ai fabbisogni nutrizionali e alle rischi e alle derive cui spesso sono soggetti. Il gruppo è aperto a tutti.

Per informazioni scrivete a giusi.durso@libero.it

Il senso dell’olfatto domina il sapore

Un articolo di Maria Giusi Vaccaro

“Quando annusiamo, non sentiamo solo un odore, così come quando assaggiamo, non sentiamo solo un gusto. Ritroviamo ricordi, soffriamo, gioiamo, speriamo, odiamo, osserviamo. Coltiviamo aspettative e dialoghiamo con il corpo nella sua totalità. Lo leggiamo in certi romanzi, come ad esempio Alla ricerca del tempo perduto di Proust, e in certi lavori scientifici,come Il cervello goloso di André Holley che recita: “è il cervello, non la nostra riflessione cosciente, a coordinare tutti questi processi”.

Le Neuroscienze e in particolare la Neurogastronomia, stanno studiando come un gran numero di stimoli lavorino di concerto per creare l’esperienza del gusto e come il cervello riesca a creare la sensazione del sapore. Ad oggi, grazie a queste discipline, sappiamo che vi è un sistema cerebrale umano del sapore che crea percezioni, emozioni, ricordi, coscienza, linguaggi e scelte incentrate sul sapore. Assumere e gustare il cibo è quindi una questione che riguarda la di bocca e la testa. “Mangiare, è uno dei gesti più comuni e densi di significato ed è proprio mentre mangiamo che il cervello modellizza e mappa gli odori, e che con l’aiuto degli altri sensi dà letteralmente vita alla nostra percezione del gusto.”(Gordon Shepherd). È un processo molto complesso che coinvolge, nell’uomo, il maggior numero di geni, di terminazioni nervose, sensoriali e motorie, diversi muscoli e almeno sei aree del cervello: più di qualunque altra funzione umana. Evidentemente il ruolo nel garantirci la sopravvivenza è stato ed è ancora enorme.

Gli esseri umani posseggono circa 25 geni finalizzati alla percezione orale di sei gusti: dolce, salato, amaro, aspro, umami, grasso ( sesto senso insieme all’amido, essenziale per la percezione della consistenza e della palatabilità). Mentre, oltre 400 geni garantiscono la percezione di più di 10000 odori nella porzione ortonasale (adibita all’inspirazione) e retronasale (adibita all’espirazione). Tutti questi geni gustativi e olfattivi, nonché il gran numero di recettori corrispondenti, sono ampiamente variabili tra gli individui, anche nella stessa famiglia: nessuno può percepire gli stessi sapori ed alle medesime intensità di altri, eccetto i gemelli monozigoti. Ogni individuo possiede un “naso” diverso che varia a seconda delle componenti genetiche e fisiologiche, oltre che quelle psicologiche legate alle diverse esperienze nel corso della vita.

Frequentemente il cibo viene descritto in base al suo “gusto”, ma in realtà quando parliamo di gusto intendiamo dire “sapore”– come spiega Gordon Shepherd nel suo saggio “All’origine del gusto”- ovvero la percezione combinata del gusto e dell’odore. Il sapore è in gran parte dovuto all’olfatto retronasale, un meccanismo attivato dall’insieme di molecole odorose volatili nel tratto che collega la bocca alla cavità nasale. Ma cosa avviene quando assaggiamo del cibo? Sentiamo il sapore del cibo, non perché lo annusiamo, ma perché espirando emettiamo dei piccoli sbuffi di odore del cibo dal retrobocca e all’indietro attraverso le fosse nasali mentre mastichiamo e deglutiamo. Proprio perché portato dal percorso retronasale, l’odore domina il sapore. Gli odori retronasali vengono appresi e quindi sono soggetti a differenze individuali e culturali, il che spiega perché esiste una gran quantità di cucine nel mondo, e perché chiunque entri in un fast food desidera un panino diverso. Lo stesso vale per gli odori all’apparenza più sgradevoli. “Pensiamo alle analogie che sono state trovate tra l’odore dei piedi e certi tipi di formaggi: è il Camembert che puzza di piedi o sono i piedi che odorano di Camembert? Tutto dipende dalle nostre esperienze con il Camembert. La sostanza odorosa è la stessa nei due casi: il diacetile, ma il nostro cervello opera una separazione netta riguardo alla gradevolezza o meno della stessa sostanza in funzione da dove provenga.” (Prof. R. Barale, prof. ordinario di Genetica all’Università di Pisa).

Fu Brillant-Savarin a riconoscere il ruolo dominante dell’olfatto nel sapore, dichiarando con un’espressione colorita che il retrogola era il “camino del gusto”. L’olfatto retronasale si contrappone in tanti modi a quello ortonasale da poterlo considerare un tipo distinto di odorato: è la percezione degli odori che provengono dalla cavità orale durante la masticazione, per la degradazione delle molecole ad opera degli enzimi della saliva e il riscaldamento che ne aumenta la volatilità, contrariamente all’olfatto ortonasale, che si verifica durante l’ annusamento. Il senso del sapore prodotto è come un miraggio: sembra provenire dalla bocca, dove si trova il cibo, invece la parte odorosa nasce fisiologicamente dal percorso olfattivo. “La ricerca moderna ha identificato l’olfatto come un senso chimico, così come il gusto; a differenza dei sensi fisici della vista e dell’udito – che dipendono da stimolazioni come la luce o i suoni – l’olfatto si basa sulla presenza di una moltitudine di recettori sensibili a diverse sostanze chimiche. Queste sostanze  – che gli scienziati definiscono molecole odorose dei cibi – portano informazioni e si legano ai recettori delle cellule nervose olfattive presenti nella cavità nasale: le uniche cellule nervose di tutto il corpo in contatto con l’esterno.”(Guida per cervelli affamati, C. Coricelli, S. E. Rossi – Il Saggiatore, 2021. Se ne parlerà in modo dettagliato nei prossimi articoli di questo blog). Sono loro che inviano specifici segnali al cervello il quale li traduce in “ immagine ” di un gusto o di un odore. Proprio come avviene nella corteccia visiva che ci permette di distinguere istintivamente il volto umano da un volto animale, così nella corteccia gustativa o olfattiva si crea il “volto”- immagine di un gusto o di un odore. E così, nelle altre cortecce.
“Le immagini sensoriali così definite, vengono archiviate nelle rispettive aree per essere ulteriormente elaborate in immagini più complesse tramite l’interazione con altre aree cerebrali come la creazione del sapore. Infatti, il sapore non esiste di per sé, ma nasce dall’interazione tra il gusto e l’olfatto nella corteccia cerebrale (aree delle associazioni) e non solo. È, quindi, una creazione individuale del cervello, del cervello di ognuno.”(Prof. R. Barale)  Queste “immagini” rappresentano la base principale della nostra percezione dei sapori; determinano la maggior parte del piacere che traiamo dal cibarci e condividono parte della responsabilità dei problemi che si incorrono mangiando cibo non salutare.

Ma perché l’olfatto è il Re dei sensi? “Le informazioni provenienti dalle molecole odorose vengono inviate dalle cellule nervose della cavità nasale, tramite gli assoni, direttamente alla prima stazione cerebrale: il bulbo olfattivo. Il viaggio prosegue verso la corteccia olfattiva che crea l’identità e l’intensità dell’odore, l’ippocampo (struttura centrale della memoria), l’amigdala – struttura centrale del sistema limbico – per poi raggiungere la corteccia orbitofrontale, stabilendo con essa un rapporto privilegiato con la parte più nobile e evoluta del nostro cervello – che ci distingue dal resto degli animali – ove si crea la gratificazione e la piacevolezza soggettiva molto più direttamente che con gli altri sensi. Infatti, a differenza di tutte le vie sensoriali, quella olfattiva non viene filtrata dal talamo, raggiunto solo in un secondo momento. Per questo motivo la percezione iniziale degli aromi è in gran parte inconsapevole e più immediata.”(Guida per cervelli affamati).

Fra le varie intuizioni della Neurogastronomia, quella sul rapporto cibo-memoria-emozioni è particolarmente interessante. Il legame diretto con le aree limbiche, coinvolte nei processi emotivi, e con la struttura centrale della memoria, fa sì che la reazione a un certo odore possa essere influenzata dallo stato psicofisico in cui ci troviamo – come ad esempio la fame – o dai nostri ricordi, implicando la memoria sensoriale che coinvolge il “vissuto” di un individuo. Marcel Proust ha studiato e sottolineato il ruolo della memoria sensoriale e del ricordo nel condizionare le nostre sensazioni gustative: il ritorno della memoria involontaria dopo aver imbevuto nel tè una madeleine, ricorda come egli era solito mangiarne da piccolo la domenica mattina ( 1° capitolo, “La strada di Swann”). La narrazione dello scrittore francese ci riporta immediatamente alla centralità dell’olfatto: un senso arcaico, direttamente connesso alle strutture più profonde e primitive del nostro cervello legate alle emozioni e alla memoria.
Più recentemente, il ruolo dell’esperienza e della memoria nel modificare la valutazione oggettiva di un cibo, è stato ben rappresentato nel film Ratatouille della Walt Disney Pictures/Pixar Animations Studios. Il sapore, quindi, percepito a livello di coscienza, non è più soltanto la risultante dell’interazione tra gusto e olfatto, ma anche da quanto i nostri archivi di memoria di gusti e olfatto sono ricchi e articolati. Inoltre, nelle varie aree associative contigue a quelle percettive, avvengono associazioni con altri sensi, come la vista, il tatto, l’udito e con la memoria di altre percezioni emotivamente importanti. Il suono, il profumo e la presentazione visiva del cibo, ad esempio, hanno importanza quasi quanto il gusto. Pensiamo alla croccantezza di un alimento che va a stimolare i centri del piacere.
Studi attualmente in corso stanno confermando che l’olfatto umano, lungi dall’essere un senso debole  e vestigiale, è al contrario potente. Comprendere meglio il ruolo centrale svolto da questo senso può aprire le porte a nuovi approcci per ridurre i problemi legati al cibo.

 

Maria Giusi Vaccaro è laureanda in Scienze Biologiche e appassionata di neurogastronomia. Ha conseguito un Master in Nutrizione culinaria e Cucina antiaging (Art Joins Nutrition Academy).

Ciclo di seminari – Corso Scienze della Nutrizione Umana, Università di Pisa

Fra qualche giorno partirà un nuovo progetto in collaborazione con il Dipartimento di Farmacia,
Corso di Scienze della Nutrizione Umana (SNU), Università di Pisa.
Ciclo di seminari su “Nutrizione in età pediatrica supporto nutrizionale, raccolta anamnestica,
gestione e interpretazione dei dati, organizzazione del lavoro in team multidisciplinare”, in
modalità online e per gli studenti di SNU.
Maggiori informazioni al link:

 

 

 

Ripartono i seminari online di educazione alimentare

Il primo meeting online è dedicato alla gestione del peso ed è ospitato dalla piattaforma del magazine Al passo coi tempi. A questo link troverete tutte le informazioni.

 

(Le immagini sono di Al passo coi tempi)

Descrizione

Seminario di educazione alimentare in due moduli

Perché è difficile gestire il proprio peso corporeo? Quali sono le cause che concorrono all’aumento ponderale? È sufficiente mettersi a dieta per dimagrire? Perché le diete funzionano fino a un certo punto?

Il ciclo degli incontri dal titolo “La gestione del peso” si propone di fornire informazioni e strumenti per comprendere i meccanismi fisiologici e patologici alla base del sovrappeso e dell’obesità.

Descrizione del seminario

Modulazione fisiologica del peso, comportamento alimentare, microbiota intestinale e asse intestino/cervello, stress e infiammazione sistemica, perdere peso in salute, ruolo dell’alimentazione, ruolo dell’attività fisica.

1° INCONTRO: 28 settembre (18-20)

2° INCONTRO: 5 ottobre (18-20)

N.B. Gli incontri saranno articolati in 1 h e1/2 di lezione della docente e una mezzora a disposizione per le domande.

Il costo del percorso è di 75 € a persona

I seminari non hanno valore professionalizzante, si pongono come obiettivo quello di fornire strumenti di comprensione e gestione dei problemi legati al tema affrontato. Non vengono rilasciati piani alimentari, né consigli specifici su stati fisiologici o patologici né sull’assunzione di specifici integratori. Non vengono rilasciati crediti formativi, attestati, materiali didattici. Gli incontri non vengono registrati.

Partecipanti

Minimo 6 – massimo

Continua a leggere su Al passo coi tempi

 

Selettività alimentare – riflessioni e letture

Il mio interesse per le difficoltà alimentari nell’età evolutiva è nato molti anni fa, quando, all’inizio della mia attività di nutrizionista, la pediatra che mi ospitava nel suo studio cominciò a inviarmi bambini sovrappeso. Era già in quegli anni un problema grave e urgente per il quale mi aveva voluto come collaboratrice. La malnutrizione per eccesso fu dunque la prima questione con cui dovetti misurarmi. Con il tempo però si delineò un’altra situazione non sempre opposta all’eccesso ponderale, anzi spesso parallela ad essa: la selettività alimentare. Non parlo dell’istintiva neofobia tipica dell’età del divezzamento che si risolve in genere entro i primi anni di vita, ma di un evitamento pervicace e assoluto che spesso metteva a rischio la crescita del bambino.
Cominciai a vedere bambini e adolescenti selettivi, presentati dai genitori come capricciosi e ostinatamente diffidenti. Gli stessi genitori spesso mi raccontavano rassegnati di non riuscire a inserire nessun nuovo alimento al di là di quei pochi accettati e che la maggior parte dei rifiuti era legata alle caratteristiche sensoriali del cibo: aspetto, consistenza, colore, odore, presentazione nel piatto. Mi si presentò un quadro variegato fatto di fughe tattili e altri comportamenti evitanti, reazioni di rifiuto anche violente accompagnate da pianto inconsolabile e agitazione, associati a sottopeso o a sovrappeso, rallentamento della crescita e dello sviluppo e carenze nutrizionali, soprattutto relative a vitamine, sali minerali e proteine.
Non fu facile capire come aiutare queste famiglie. La letteratura al riguardo era scarsa, la mia esperienza pure e le famiglie avevano la certezza che trattandosi di capricci bastasse insegnare ai figli qualche regola per restituire loro l’interesse nei confronti del cibo.
Sono passati molti anni e per fortuna il quadro oggi è più comprensibile, sebbene non tutta la letteratura disponibile sia concorde sui profili caratteristici e sui trattamenti efficaci. La selettività alimentare di cui racconto oggi è oggetto di molti studi, viene definita Disturbo evitante/descrittivo dell’assunzione di cibo (ARFID, Avoidant Restrictive Food Intake Disorder) ed è compresa anche nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5, 2013) fra i disturbi alimentari in età evolutiva.
L’ARFID può presentarsi in modi e con sfumature molto diverse, anche se presenta nella maggior parte dei casi caratteristiche di suscettibilità sensoriale. E’ un disturbo presente sia nella popolazione infantile neurotipica sia in quella con neurosviluppo atipico.

Ho già scritto di ARFID, se volete potete farvi un’idea qui, ma credo che continuare a parlarne aiuti a capire e ad acquisire strumenti sempre più efficaci.
Gli studi disponibili al momento sono molti. La studiosa di riferimento è Rachel Bryant-Waugh, della quale la casa editrice Positive Press ha recentemente tradotto un piccolo manuale dedicato a genitori e operatori.

Tutti i gruppi di studio mi sembrano concordi su tre punti essenziali: 1. una sempre maggiore attenzione al problema; 2. la realizzazione di linee guida e strumenti standardizzati accessibili a chi si occupa di questo disturbo; 3. il trattamento multidisciplinare.

Una questione che mi sta particolarmente a cuore e sulla quale sto lavorando da qualche anno è l’ARFID nei disturbi del neurosviluppo. Avrò presto il piacere di parlarne al Convegno nazionale AIDEE con un intervento dal titolo, appunto, La selettività alimentare nei disturbi del neurosviluppo.
Fra i quadri patologici che presentano l’ARFID la Disprassia e il Disturbo dello spettro autistico sono i più comuni. Sulla Disprassia, disordine di integrazione sensoriale che interferisce con la capacità di programmare, eseguire e coordinare compiti motori, il materiale bibliografico relativo alla selettività alimentare è più scarso e dispersivo rispetto a quello prodotto sul disturbo dello spettro autistico. Per farsi un’idea di questo disturbo, consiglio la lettura del testo Il bambino e l’integrazione sensoriale di Anna Jean Ayres che, sebbene datato, fornisce un quadro piuttosto completo sull’argomento. Un sito accessibile e ricco di informazioni al riguardo è quello di Rossana Giorgi, terapista della neuro-psicomotricità dell’età evolutiva. L’articolo al link è di Erica Certosino, rappresentante nazionale genitori AIDEE.

Riguardo al Disturbo dello spettro autistico, o meglio Disturbi dello spettro autistico*, e la presenza di ARFID nel 2017 è stato pubblicato da Ericson un Manuale completo e molto ben scritto, destinato a genitori (sebbene molto tecnico) e operatori, dal titolo La selettività alimentare nel disturbo dello spettro autistico, curato da Luigi Mazzone. Il testo offre una buona visione di insieme, oltre che una prima guida operativa ai professionisti della nutrizione che vogliono occuparsi o già si occupano di queste problematiche.

Il lavoro di riabilitazione nutrizionale con questi bambini è tanto interessante quanto complesso. Nel contesto della riabilitazione nutrizionale la difficoltà più frequente è contare su un team per la presa in carico multidisciplinare, creare cioè una rete di professionisti aggiornati che supportino e forniscano strumenti efficaci al bambino e alla sua famiglia e che siano disponibili al confronto costante e reciproco sui percorsi e sugli eventuali ostacoli. Negli ultimi anni però il mio lavoro è stato accompagnato e arricchito da professionisti e realtà locali che hanno reso più agevole l’intervento nutrizionale nei casi più difficili di ARFID in presenza di disturbi del neurosviluppo. In particolare, con il Centro Il Colibrì e l’associazione AIDEE Toscana si sono creati momenti di confronto proficui che hanno condotto anche a occasioni formative importanti. Da questo confronto è emersa ogni volta la conferma di quanto sia necessario l’impegno costante nella formazione di nutrizionisti competenti e nell’adozione di modalità operative condivisibili.
La strada è ancora lunga ma confido di percorrerla in buona compagnia.

 

 

*condizioni nelle quali le persone hanno difficoltà a stabilire relazioni sociali normali, usano il linguaggio in modo anomalo o non parlano affatto e presentano comportamenti limitati e ripetitivi (fonte Manuale MSD online)

 

 

 

Testo e immagine © giusi d’urso

 

 

 

Giornata Nazionale del Biologo – 2021

Il mio intervento alla Giornata Nazionale del Biologo dal titolo “Il bambino selettivo” verteva, appunto, sulla selettività alimentare in infanzia e adolescenza.

La selettività alimentare è un fenomeno in aumento, sia nella prima infanzia che in età scolare. E’ legato sia a magrezza e rallentamento della crescita che a obesità e relative complicanze. Me ne occupo da diversi anni lavorando in team con logopedisti, neuropsichiatri infantili, psicoterapeuti, pedagogisti e terapisti della neuropsicomotricità.

A giugno, corso “Dalla Suzione all’alimentazione autonoma”

Il corso ” Dalla suzione all’alimentazione autonoma” accreditato per 22 crediti ECM, si svolgerà regolarmente il 5 e il 6 giugno a Pisa.

Il corso avrà un taglio teorico-pratico, con la presentazione di casi specifici al fine di consentire ai partecipanti un’esperienza di intervisione e confronto.

La particolarità del corso è la visione multidisciplinare sul tema dell’alimentazione.

Le iscrizioni sono aperte fino al 4 giugno.

ULTIMI POSTI DISPONIBILI

Corso professionalizzante – Dalla suzione all’alimentazione autonoma: Prevenzione, supporto e gestione delle problematiche (16 ore/22 Crediti ECM)

 

Scoprire il mondo, scoprire il cibo

C’è un periodo della vita in cui l’essere umano acquisisce rapidamente strumenti per scoprire il mondo e imparare a viverci. Dalla nascita ai primi anni di vita, il suo sistema sensoriale lavora a pieno regime, integrando e perfezionando una serie infinita di percezioni e sensazioni. Sono gli anni delle grandi conquiste, dell’autonomia, del linguaggio, della deambulazione. Sono anche gli anni degli assaggi, dal latte alle prime pappe, dalla suzione alla masticazione, dalla poppata in simbiosi con la nutrice al pasto con la mamma e col papà, dal pasto familiare alle prime feste di compleanno.

Quella dell’assaggio è una delle prime grandiose esperienze che il bambino vive dalla nascita in poi, soprattutto al momento del divezzamento.

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Vuoi accedere a un gruppo di lavoro on line?

I gruppi di lavoro di educazione alimentare sono gruppi di massimo 4 persone in cui si affrontano alcuni argomenti dal punto di vista informativo ed educativo.
Non si tratta di percorsi professionalizzanti, non vengono fornite diete, non si rilasciano crediti, né attestati, né materiale didattico. I gruppi di lavoro hanno lo scopo di fornire strumenti di educazione alimentare immediatamente e facilmente applicabili.
Per informazione sui costi e sul programma, scrivete a giusi.durso@libero.it.
Grazie 🙂