Archivio della categoria: Disturbi del Comportamento Alimentare

Il lavoro del nutrizionista nell’obesità infantile

Sovrappeso e obesità in età evolutiva.
Il problema, in genere, ha radici profonde e questo concetto per molti genitori è una novità. Alle domande di che parto è nato, come è stato svezzato, qual è il vostro modello alimentare, potrei vedere il libretto pediatrico, si guardano fra loro e mi guardano con l’espressione incredula: cosa c’entra, sembrano chiedere a loro volta. Quindi, parto da lì, dall’incredulità, e cerco di capire da dove tutto è cominciato. A volte è semplice, altre no. Ci sono resistenze, spesso diffidenza nel percorso, la fatica di fronte al cambiamento, l’influenza delle mode alimentari, le informazioni fuorvianti del web. Certe frasi, negli anni, le ho memorizzate: a volte sorrido, altre mi sgomento.
Comincio dell’incredulità e mi armo di pazienza, rispetto e passione. Comincio da mamma e papà, che significa arrivare al bambino in punta di piedi, giocando, leggendo, raccontando storie, con la delicatezza che gli è dovuta.
Questo sarà l’argomento del webinar del 17 giugno dedicato ai professionisti.

Gruppo di lettura

Condividere competenze e saperi è alla base delle buone pratiche.
Vi aspetto nel mio studio per il primo gruppo di lettura dedicato alla selettività alimentare e alla neurodiversità. L’ingresso è libero.

E’ una iniziativa del Gruppo di Lavoro Disturbi Alimentari Precoci, in collaborazione con il Centro Il Colibrì di Pisa.
Interverrà online la dott.ssa Loredana Di Adamo, autrice del testo “Filosofia e clinica. Un nuovo approccio all’autismo di livello 1 e alla neurodiversità”, Negretto Editore.

Trattamento dei Disturbi del Comportamento Alimentare: necessario il lavoro di squadra

I Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) rappresentano una serie di patologie psichiatriche molto serie, caratterizzate dall’utilizzo del corpo come strumento d’espressione di un disagio psicologico profondo. Il cibo che lo nutre diventa un nemico da cui difendersi, oppure materia con cui riempire il vuoto interiore. 
Attualmente, l’anoressia e le altre forme di DCA sono da considerarsi fra le modalità patologiche maggiormente espresse dal disagio adolescenziale, soprattutto quello femminile.
Le cause non sono state ancora del tutto chiarite, sebbene alcuni fattori siano considerati determinanti nello sviluppo di queste patologie, definite culture-bound, in quanto la componente culturale occidentale (mode, modelli, tendenze sociali) appare in tutta la sua dimensione, paradossi e angosce compresi. Come per tutte le patologie psichiatriche, anche per i DCA  esiste una predisposizione genetica che può favorire il rischio di sviluppare malattia. Nonostante l’oggettiva difficoltà nel valutare questo tipo di rischio, alcuni studi riportano che soggetti con DCA hanno in famiglia una maggiore presenza (rispetto a famiglie di persone sane) non solo di disturbi dell’alimentazione, ma anche di depressione e di dipendenza.

In ogni caso, questa categoria di patologie, fra cui oggi si annoverano anche  la vigoressia e l’ortoressia, forse meno note ma non meno pericolose della anoressia e della bulimia, non può essere più considerata rara, né si può sottovalutare lo stretto legame con il contesto socio-culturale in cui viviamo.
Fra tutti i DCA, nell’anoressia nervosa sono presenti modificazioni nutrizionali tali da rappresentare un elevato rischio metabolico. I malati di anoressia, per lo più di sesso femminile, presentano una malnutrizione proteico-energetica di vario grado che può portare a morbilità fisica e psicologica e, a lungo termine, a morte. Dal progressivo dimagrimento e dalla perdita conseguente di riserve adipose si prosegue, nelle forme gravi, alla riduzione di massa muscolare, utilizzata a scopo energetico, e alla decalcificazione ossea che porta progressivamente a osteoporosi. Per contrastare gli effetti della malnutrizione il metabolismo e il sistema endocrino mettono in atto una serie numerosa e complessa di adattamenti finalizzati a mantenere in vita l’organismo (perdita delle mestruazioni, elevata produzione di corpi chetonici, alterazione della produzione di insulina e della funzionalità tiroidea). Le modificazioni fisiche e comportamentali conseguenti il digiuno protratto generano ansie e paure che mettono a dura prova il contesto familiare e il suo equilibrio. Data la varietà e la complessità delle conseguenze cui va incontro una malata di anoressia, è evidente che il trattamento di questa patologia deve essere multiprofessionale e coinvolgere, cioè, competenze varie e complementari fra di loro.
Nella mia pratica, sempre più spesso, purtroppo, incontro famiglie con questo problema. Nel caso di ragazze molto giovani (dai dieci ai sedici anni, negli ultimi anni l’esordio è ancora più precoce), sono in genere le madri ad allarmarsi  e chiedere aiuto, una volta sparito il mestruo o appena realizzato che il calo di peso è stato repentino e che perdura nel tempo. Le ragazze più grandi, invece, arrivano nel mio studio con la richiesta (paradossale) di una dieta che ne riduca ancora il peso e le circonferenze. Dietro ogni caso di anoressia in genere ci sono dinamiche complesse che vanno necessariamente e urgentemente affrontate con l’aiuto di altri professionisti. Il supporto nutrizionale, insomma, è fondamentale, ma non può bastare a sciogliere i nodi che hanno condotto alla manifestazione della patologia.
I miei percorsi sono sempre affiancati e coadiuvati dal lavoro, prezioso, paziente e competente di figure come lo  psichiatra, il neuropsichiatra infantile, lo psicoterapeuta, oltre che il ginecologo e altre figure riabilitative, a seconda dei problemi che via via si presentano. Il percorso dei vari professionisti va di pari passo al mio e, a ogni occasione, sollecita, supporta, completa e contiene, ogni intervento sul piano alimentare, ogni variazione di peso, ogni passo in avanti e ogni fallimento. E’ necessario, infatti, lavorare su aspetti quali la dispercezione corporea, il perfezionismo clinico, la rigidità, la bassa autostima, l’eccessivo controllo sul proprio corpo e sui suoi bisogni. Si tratta di un lavoro paziente e complesso, ma anche arricchente e gratificante che deve coinvolgere, oltre alla paziente, i suoi familiari. Posso dire, senza ombra di dubbio, che i casi che ho seguito con maggiore soddisfazione e con migliori risultati sono stati quelli in cui l’intera famiglia si è sottoposta a trattamento psico-educativo, collaborando a ogni fase del percorso. Oltre alla multidisciplinarietà e al coinvolgimento delle figure di riferimento, c’è da mettere in conto anche un altro fattore fondamentale: il tempo.  Ho imparato molto presto che la sofferenza e il disagio che accompagnano un DCA sono tali da creare, soprattutto nei familiari, l’aspettativa di una soluzione immediata. Ma, essendo queste patologie, la punta di un iceberg sommerso, è necessario concedersi il tempo di acquisire gli strumenti adeguati per affrontare il percorso verso la guarigione, mettendo in conto gli alti e i bassi tipici di questi disturbi e procedendo con tenacia e fiducia. E’ un tempo necessario quello che si interpone fra i primi momenti successivi alla diagnosi (psichiatra, neuropsichiatra infantile, altra figura medica specialistica) e l’inizio del miglioramento fisico e psichico della paziente; un tempo in cui ogni dinamica, ogni dubbio, ogni sofferenza devono trovare la loro collocazione, la loro giustificazione e accettazione.
Negli ultimi anni stiamo assistendo a una maggiore diffusione e un abbassamento dell’età di esordio di tutti i DCA, in particolare di quelli selettivi/restrittivi ce di quelli compulsivi. Inoltre, le drastiche restrizioni sociali resesi necessarie negli anni di pandemia hanno avuto importanti conseguenze sui soggetti più fragili, con un inasprimento dei sintomi e una maggiore frequenza di esordio fra i più giovani. In Italia si stima un aumento di c.a. il 40%.
In coerenza con il dato nazionale, anch’io ho registrato una maggiore incidenza e un abbassamento dell’età di esordio. In particolare, sono due gli aspetti che risultano più allarmanti, oltre che più frequenti: 1) la maggiore frequenza e diffusione nei piccoli (anche al di sotto dei tre anni) dei disturbi selettivi/restrittivi e 2) il carattere sfumato di molti dei disturbi cibo-correlati (nell’età evolutiva in generale). Infatti, molti degli accessi al mio studio riguardano bambini anche al di sotto dei cinque anni che spesso soffrono del disturbo che nel DSM-5 (2013) viene definito Disturbo evitante-restrittivo dell’assunzione di cibo (ARFID: Avoidant/restrictive food intake disorder). E’ una nuova categoria diagnostica che raccoglie i casi in cui l’assunzione di cibo è insufficiente e non si associa (come avviene per altri disturbi alimentari classici) con l’attenzione morbosa alle forma corporee. In letteratura, alcuni autori distinguono tre tipologie di ARFID: 1) disinteresse per il cibo e l’atto alimentare; 2) iper suscettibilità sensoriale verso gli alimenti; 3) la paura di eventuali conseguenze avverse all’atto alimentare (soffocamento, vomito, nausea, dolori addominali).

A Pisa è presente un gruppo di lavoro sui Disturbi Alimentari Precoci , da me coordinato, che si occupa di prevenzione, diagnosi e trattamento. Ho fondato questa realtà in collaborazione a molte figure con cui collaboro da anni (Centro Il Colibrì), convinta della necessità di offrire aiuto e supporto alle famiglie investite da queste problematiche complesse e faticose; fiduciosa, come sempre, che il lavoro di squadra sia la soluzione più efficace.

 

Per informazioni sul gruppo Disturbi Alimentari Precoci scrivere a giusi.d’urso@libero.it

Per approfondire:

ARFID- Rachel Bryant-Waugh- Positive Press
Terapia cognitivo-comportamentale per il disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo – J. Thomas, K. Eddy – Positive Press
Il cibo dell’accudimento – Giusi D’Urso – MdS Editore
Anoressie e bulimie. Massimo Cuzzolaro, Il Mulino
Psicodinamica dell’alimentazione nella prima infanzia
Sito AIDAP, Associazione Italiana Disturbi dell’Alimentazione e del Peso

 

 

 

 

Disturbi Alimentari Precoci – E’ nato un gruppo di lavoro

A Pisa è appena nato un gruppo per la prevenzione, la diagnosi e il trattamento dei Disturbi Alimentari Precoci, coordinato dalla dott.ssa Giuseppina D’Urso  e in collaborazione con Centro Il Colibrì.
Il gruppo si occupa in particolare dei disturbi dell’alimentazione e della nutrizione che insorgono in età precoce con quadri di selettività/restrizione  o di compulsione.
Si avvale di varie figure professionali che lavorano in team: nutrizionista, neuropsichiatra infantile, logopedista, neuropsicomotricista, psicoterapeuta. Altre competenze, come quelle dell’osteopata, vengono reclutate per quadri particolari che ne richiedano l’intervento.

Conosciamo meglio il team.

 

Dott.ssa Giuseppina D’Urso
BIOLOGA NUTRIZIONISTA, PATOLOGA CLINICA

Fondatrice e coordinatrice del gruppo
giusi.durso@libero.it
tel. 347 0912780

Dott.ssa Alessandra Burgo
TERAPISTA DELLA NEURO E PSICOMOTRICITÀ DELL’ETÀ EVOLUTIVA E PSICOMOTRICISTA FUNZIONALE
Centro Il Colibrì

 

 

 

Dott.ssa Sarh Guidi
TERAPISTA DELLA NEURO E PSICOMOTRICITÀ DELL’ETÀ EVOLUTIVA E TERAPISTA DIR201 (DIR-FLOORTIME BASIC)
Centro Il Colibrì

 

 

Dott.ssa Maria Cielo Rondoni
LOGOPEDISTA
Centro Il Colibrì

 

 

 

Dott.ssa Sara Greco
LOGOPEDISTA E TERAPISTA DIR201 (DIRFLOORTIME-BASIC)
Centro Il Colibrì

 

 

 

Dott.ssa Valeria Bossio
PSICOLOGA PSICOTERAPEUTA PSICODINAMICA INTERPERSONALE E TERAPEUTA EMDR
Centro Il Colibrì

 

 

Dott.ssa Elisa Panicucci
PSICOLOGA DELLO SVILUPPO E DELL’EDUCAZIONE
Centro Il Colibrì

 

 

Oltre che con la figura del Nueropsichiatra infantile de Il Colibrì, il gruppo collabora e si integra con la competenza del dott. Antonio Di Presa, osteopata e podologo

Per informazioni sulle attività, sulle modalità di accesso per una prima valutazione e sulle tipologie di percorso scrivere a giusi.durso@libero.it o telefonare al 347 0912780.

Selettività alimentare – riflessioni e letture

Il mio interesse per le difficoltà alimentari nell’età evolutiva è nato molti anni fa, quando, all’inizio della mia attività di nutrizionista, la pediatra che mi ospitava nel suo studio cominciò a inviarmi bambini sovrappeso. Era già in quegli anni un problema grave e urgente per il quale mi aveva voluto come collaboratrice. La malnutrizione per eccesso fu dunque la prima questione con cui dovetti misurarmi. Con il tempo però si delineò un’altra situazione non sempre opposta all’eccesso ponderale, anzi spesso parallela ad essa: la selettività alimentare. Non parlo dell’istintiva neofobia tipica dell’età del divezzamento che si risolve in genere entro i primi anni di vita, ma di un evitamento pervicace e assoluto che spesso metteva a rischio la crescita del bambino.
Cominciai a vedere bambini e adolescenti selettivi, presentati dai genitori come capricciosi e ostinatamente diffidenti. Gli stessi genitori spesso mi raccontavano rassegnati di non riuscire a inserire nessun nuovo alimento al di là di quei pochi accettati e che la maggior parte dei rifiuti era legata alle caratteristiche sensoriali del cibo: aspetto, consistenza, colore, odore, presentazione nel piatto. Mi si presentò un quadro variegato fatto di fughe tattili e altri comportamenti evitanti, reazioni di rifiuto anche violente accompagnate da pianto inconsolabile e agitazione, associati a sottopeso o a sovrappeso, rallentamento della crescita e dello sviluppo e carenze nutrizionali, soprattutto relative a vitamine, sali minerali e proteine.
Non fu facile capire come aiutare queste famiglie. La letteratura al riguardo era scarsa, la mia esperienza pure e le famiglie avevano la certezza che trattandosi di capricci bastasse insegnare ai figli qualche regola per restituire loro l’interesse nei confronti del cibo.
Sono passati molti anni e per fortuna il quadro oggi è più comprensibile, sebbene non tutta la letteratura disponibile sia concorde sui profili caratteristici e sui trattamenti efficaci. La selettività alimentare di cui racconto oggi è oggetto di molti studi, viene definita Disturbo evitante/descrittivo dell’assunzione di cibo (ARFID, Avoidant Restrictive Food Intake Disorder) ed è compresa anche nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5, 2013) fra i disturbi alimentari in età evolutiva.
L’ARFID può presentarsi in modi e con sfumature molto diverse, anche se presenta nella maggior parte dei casi caratteristiche di suscettibilità sensoriale. E’ un disturbo presente sia nella popolazione infantile neurotipica sia in quella con neurosviluppo atipico.

Ho già scritto di ARFID, se volete potete farvi un’idea qui, ma credo che continuare a parlarne aiuti a capire e ad acquisire strumenti sempre più efficaci.
Gli studi disponibili al momento sono molti. La studiosa di riferimento è Rachel Bryant-Waugh, della quale la casa editrice Positive Press ha recentemente tradotto un piccolo manuale dedicato a genitori e operatori.

Tutti i gruppi di studio mi sembrano concordi su tre punti essenziali: 1. una sempre maggiore attenzione al problema; 2. la realizzazione di linee guida e strumenti standardizzati accessibili a chi si occupa di questo disturbo; 3. il trattamento multidisciplinare.

Una questione che mi sta particolarmente a cuore e sulla quale sto lavorando da qualche anno è l’ARFID nei disturbi del neurosviluppo. Avrò presto il piacere di parlarne al Convegno nazionale AIDEE con un intervento dal titolo, appunto, La selettività alimentare nei disturbi del neurosviluppo.
Fra i quadri patologici che presentano l’ARFID la Disprassia e il Disturbo dello spettro autistico sono i più comuni. Sulla Disprassia, disordine di integrazione sensoriale che interferisce con la capacità di programmare, eseguire e coordinare compiti motori, il materiale bibliografico relativo alla selettività alimentare è più scarso e dispersivo rispetto a quello prodotto sul disturbo dello spettro autistico. Per farsi un’idea di questo disturbo, consiglio la lettura del testo Il bambino e l’integrazione sensoriale di Anna Jean Ayres che, sebbene datato, fornisce un quadro piuttosto completo sull’argomento. Un sito accessibile e ricco di informazioni al riguardo è quello di Rossana Giorgi, terapista della neuro-psicomotricità dell’età evolutiva. L’articolo al link è di Erica Certosino, rappresentante nazionale genitori AIDEE.

Riguardo al Disturbo dello spettro autistico, o meglio Disturbi dello spettro autistico*, e la presenza di ARFID nel 2017 è stato pubblicato da Ericson un Manuale completo e molto ben scritto, destinato a genitori (sebbene molto tecnico) e operatori, dal titolo La selettività alimentare nel disturbo dello spettro autistico, curato da Luigi Mazzone. Il testo offre una buona visione di insieme, oltre che una prima guida operativa ai professionisti della nutrizione che vogliono occuparsi o già si occupano di queste problematiche.

Il lavoro di riabilitazione nutrizionale con questi bambini è tanto interessante quanto complesso. Nel contesto della riabilitazione nutrizionale la difficoltà più frequente è contare su un team per la presa in carico multidisciplinare, creare cioè una rete di professionisti aggiornati che supportino e forniscano strumenti efficaci al bambino e alla sua famiglia e che siano disponibili al confronto costante e reciproco sui percorsi e sugli eventuali ostacoli. Negli ultimi anni però il mio lavoro è stato accompagnato e arricchito da professionisti e realtà locali che hanno reso più agevole l’intervento nutrizionale nei casi più difficili di ARFID in presenza di disturbi del neurosviluppo. In particolare, con il Centro Il Colibrì e l’associazione AIDEE Toscana si sono creati momenti di confronto proficui che hanno condotto anche a occasioni formative importanti. Da questo confronto è emersa ogni volta la conferma di quanto sia necessario l’impegno costante nella formazione di nutrizionisti competenti e nell’adozione di modalità operative condivisibili.
La strada è ancora lunga ma confido di percorrerla in buona compagnia.

 

 

*condizioni nelle quali le persone hanno difficoltà a stabilire relazioni sociali normali, usano il linguaggio in modo anomalo o non parlano affatto e presentano comportamenti limitati e ripetitivi (fonte Manuale MSD online)

 

 

 

Testo e immagine © giusi d’urso

 

 

 

Giornata Nazionale del Biologo – 2021

Il mio intervento alla Giornata Nazionale del Biologo dal titolo “Il bambino selettivo” verteva, appunto, sulla selettività alimentare in infanzia e adolescenza.

La selettività alimentare è un fenomeno in aumento, sia nella prima infanzia che in età scolare. E’ legato sia a magrezza e rallentamento della crescita che a obesità e relative complicanze. Me ne occupo da diversi anni lavorando in team con logopedisti, neuropsichiatri infantili, psicoterapeuti, pedagogisti e terapisti della neuropsicomotricità.

Nutrizione e lettura (Pane e parole)!

C’è un bel progetto, nato dalle idee e dalle competenze giornalistiche di Valeria Cudini, che unisce cultura, fantasia e voglia di confrontarsi per offrire a chi vorrà seguirlo consigli di lettura e non solo. IL proegtto si chiama L’Unione fa la forza cultura. Quando mi ha invitato a partecipare, il mio amore per la mia professione e per la lettura ha risposto prima di me. Per visualizzare il canale youtube a cui potete iscrivervi per seguire il progetto cliccate qui.

Il mio primo intervento riguarda la video-riflessione di un libro che ho letto qualche mese fa, La vegetariana di Han Kang, che narra la storia di una donna affetta da un gravissimo disturbo alimentare. Potete vederlo cliccando qui.
Buona visione ed eventualmente buona lettura!