Archivio della categoria: Alimentazione su “Dimensione Agricoltura”

Una rubrica sulla corretta alimentazione ospitata da Dimensione Agricoltura, il mensile della Confederazione Italiana Agricoltori (sezione provinciale di Pisa), per ribadire e non dimenticare che il cibo di cui ci nutriamo viene dalla terra e da chi la coltiva.

Di chi fidarsi?

Avete letto la novità? Le multinazionali alimentari ci propinano porcherie spacciandole per “cibo”! Quando a un controllo più approfondito da parte degli organi preposti emergono cose di questo tipo, sgraniamo gli occhi e atteggiamo la bocca verso il basso, esprimendo

disgusto e indignazione.
Ma siamo proprio sicuri di essere così inorriditi? Eravamo così convinti, dunque, della buona fede delle industrie alimentari in questione? Tutti noi avevamo creduto ciecamente alla veridicità delle etichette di quei tortellini, di quel ragù, di quei ravioli, senza mai

pensare che stavamo acquistando un prodotto alimentare di cui non conoscevamo assolutamente nulla? Eppure, in un passato non molto lontano abbiamo letto di polli alla diossina, pasta alle micotossine ed altre amenità del genere!

Suvvia, siamo seri e sinceri almeno con noi stessi: la maggior parte di noi si è posta qualche domanda a riguardo, ma ha comunque scelto di comprare quel dato prodotto giustificandosi con la convinzione di aver risparmiato tempo.
Bugie: quelle propinateci dalle aziende, e quelle che diciamo a noi stessi ogni volta che ci creiamo l’alibi del tempo.
Mi sono presa qualche giorno per cronometrare alcune mie preparazioni casalinghe ed ho scoperto che preparare un sugo con verdure costa, in termini di tempo, 10 minuti; una frittata di porri, 15 minuti, compresa la fase di asciugatura dell’olio in eccesso; un sugo a base di formaggio e spezie, 8 minuti; un’insalatona mista con mozzarella, 10 minuti se dobbiamo ancora lavare gli ortaggi, 5 se li abbiamo lavati al mattino prima di uscire; una minestra di verdura, il tempo di cottura della pasta, se abbiamo avuto l’accortezza di lessare e frullare le verdure la sera prima.
Sbucciare una frutto richiede meno di un minuto, tagliare una fetta di pane e spalmare sopra un po’ di marmellata richiede un minuto circa e poco più gustare uno yogurt.

Caspita! Un’eternità!

Abbiamo moltissimi motivi per rivedere le nostre scelte alimentari e cominciare a non fidarci più delle marche e della pubblicità. Di chi fidarsi, allora?
Degli strumenti in grado di renderci consapevoli: l’istinto e i cinque sensi, prima di ogni cosa, l’accesso all’informazione, le tradizioni di famiglia, la saggezza contadina, le stagioni, il dubbio, il bisogno. Ma soprattutto, è l’idea che il cibo venga tutto, direttamente o indirettamente, dalla terra e dal lavoro degli agricoltori che deve illuminare ogni scelta di ciò che mettiamo in tavola.
Ci sono slogan promozionali di fronte ai quali dobbiamo sempre dubitare (i prodotti a un euro di certe catene di fast food, le offerte prendi tre e paghi due, ecc.), convincendoci che il cibo buono e sano non può e non deve costare così poco, perché reca con sé sapere, giustizia, salute, etica ed ecologia. Sono questi i valori da portare a tavola con il buon cibo locale e stagionale; sono il condimento che ce lo renderà un bene irrinunciabile.

Prendiamoci il tempo, dunque, di fare una buona minestra, organizziamoci conservando gli avanzi, ricominciamo a gustare il buon cibo, quello vero. E, se ci piace il ragù, che richiede tempi lunghi, facciamolo la domenica, con le materie prime scelte bene. Solo così non avremo brutte sorprese!

Pubblicato su Dimensione Agricoltura, marzo 2013

 

 

Incontri gratuiti di Educazione Alimentare

Gli incontri, aperti a tutti, tenuti da esperti in campo nutrizionale, avranno l’obiettivo di informare i cittadini sulla buone pratiche alimentari. Il progetto prevede due incontri al mese in cui verranno sviscerati i temi relativi all’importanza della sana alimentazione: la scelta alimentare consapevole, l’alimentazione infantile, la prevenzione a tavola, metodi di cottura e conservazione e molto altro. Saranno previsti anche momenti di confronto con produttori locali e laboratori di manipolazione del cibo.
“Siamo convinti che questo faccia a pieno titolo parte della nostra mission” ha detto Stefano Berti, Direttore della Cia di Pisa. “Approfondire le tematiche relative al buon cibo ed alle scelte alimentari quotidiane è fondamentale per capire conseguentemente l’importanza del lavoro degli agricoltori e del giusto riconoscimento economico alla loro attività, senza la quale nessun cibo arriverebbe sulle nostre tavole.”.
Francesca Cupelli, Presidente della Cia di Pisa, si augura che ci siano numerose adesioni alla proposta, che partecipino anche rappresentanti delle Istituzioni e soggetti direttamente interessati alla gestione delle mense pubbliche, con particolare riferimento a quelle scolastiche.
Gli incontri saranno effettuati presso la sede della CIA, in via Malasoma 22, zona Ospedaletto. Pisa
Per informazioni contattare i seguenti recapiti:
e-mail pisa@cia.it
tel. 050 974065
Fax 050 985842
www.ciapisa.com

Conoscere il cibo

 

 

 

Mangiare è un’azione molto frequente che ci accomuna tutti. Durante la giornata ci nutriamo più volte e in genere lo facciamo senza chiederci nulla o quasi riguardo a ciò che ingurgitiamo. Siamo abituati a mangiare tutto quello di cui abbiamo voglia in qualsiasi periodo dell’anno ed una delle poche cose che ci interessano quando acquistiamo il cibo è il prezzo. Nutriamo i nostri bambini con alimenti che non somigliano a nulla di ciò che mangiavano le nostre nonne, ma tutto questo ci sembra talmente normale che continuiamo ad acquistarli e a farne scorta nelle nostre case, condizionati dalla paura di rimanere senza e di ritrovarci a dover improvvisare una merenda, magari affettando del pane e spalmando della marmellata.

Non credo di esagerare affermando che mangiare è diventata un’attività poco partecipata, molto automatica e decisamente scollegata dal resto della nostra esistenza.

Eppure, fino a qualche decennio fa, sedersi attorno a un tavolo e condividere ciò che con passione e fatica qualcuno aveva prodotto nel campo poco distante era la normalità. Così come lo era relazionarsi agli altri condividendo le pietanze di un pranzo o di una cena. Oggi, sembra che il frastuono del marketing e la fretta che incombono costantemente sulla quotidianità, abbiano offuscato, se non addirittura cancellato, i significati molteplici, vari e profondi, che il cibo ricopre per ognuno di noi.

Offrire il cibo significa prendersi cura dell’altro mescolando i propri stati d’animo e le proprie attenzioni ad ogni pietanza. La buona tavola rinsalda i rapporti e stimola il raccontarsi, facilitando l’atteggiamento di apertura e di curiosità verso chi ci sta accanto. La cucina è, dunque, importante luogo d’espressione; essa svela, non nasconde, enfatizza le qualità di ogni relazione. E se in cucina arrivano materie prime locali con cui preparare il buon cibo da condividere, essa diviene anche il luogo elettivo di identificazione con il proprio territorio, la sua storia e le sue tradizioni. Il cuore della casa, l’ambiente fisico intorno al quale ruota la vita della famiglia, è come un grembo accogliente in cui il cibo della terra accresce ed amplifica il suo valore quale strumento d’identificazione e socialità.

Per questo, e molto altro ancora, mangiare dovrebbe implicare una scelta, anzi molte. Acquistando un cibo dovremmo conoscerne la provenienza e la qualità; chiederci se è sano o meno, qual è il suo effetto sulla nostra salute, quale l’impatto ambientale del suo percorso produttivo; sapere se è stato o meno trattato e adulterato, decidere in che modo cucinarlo e con chi condividerlo. Insomma, comprando il nostro cibo dovremmo essere animati da spirito critico, istinto e consapevolezza; fare lo sforzo, quindi, di porci domande, di trovare risposte, di pretendere che esso sia il migliore per noi e per le persone che amiamo.

Così, mettendo al centro la relazione profonda e reciproca fra gli uomini e quella fra gli uomini e il lavoro della terra, il cibo non sarebbe oggetto di acquisti automatici e superficiali, ma diverrebbe una ragione più che valida per difendere e valorizzare il contesto in cui esso viene prodotto, poiché da questo dipende la salubrità e la bontà dei prodotti alimentari; da questo dipende la nostra vita.

Dimensione Agricoltura ottobre 2012

 

I cereali, cibo antico e quanto mai moderno

La produzione e il consumo dei cereali risalgono ad epoche remote: quasi certamente, infatti, costituiscono le prime piante utilizzate dall’uomo in campo alimentare. Il nome “cereali” deriva da Cerere, la dea latina protettrice delle messi, nume tutelare dei raccolti, divinità materna della terra e della fertilità.

Il valore nutrizionale dei cereali è legato al loro contenuto in amido e proteine e al basso contenuto di grassi. I nutrizionisti ne consigliano l’uso quotidiano e ne sottolineano le qualità nutrizionali. Soprattutto se integrali, i cereali contribuiscono in modo importante ai fabbisogni del nostro organismo. La fibra, in particolare, è da considerare un valore aggiunto, in quanto, in un pasto completo, limita l’assorbimento di zuccheri e grassi, oltre a fornire alla flora batterica intestinale sostanze preziose per il suo equilibrio.

Queste caratteristiche rendono i cereali ottimi alimenti energetici, facilmente integrabili ed abbinabili ad altri, così come avviene nei piatti della cucina mediterranea, soprattutto toscana. Basti pensare alla panzanella, alla zuppa, alle insalate di pasta e di riso, alle minestre di pasta e legumi.

Oggi, i cereali sono spesso al centro di disquisizioni scientifiche relative all’intolleranza permanente al glutine (celiachia) e alla sensibilità al glutine (gluten sensitivity), patologie legate alla presenza di particolari proteine (le gliadine, che a contatto con l’acqua producono il glutine) presenti in alcuni, ma non tutti, i cereali. Ne sono sprovvisti riso, mais, amaranto, manioca, miglio, sorgo.

Il glutine è una sostanza collosa ed elastica che conferisce alle farine una migliore propensione all’impasto. L’intolleranza al glutine è geneticamente determinata e, probabilmente, rappresenta l’incapacità del genoma umano di adattarsi, nel corso dei millenni, ai cambiamenti in composizione del grano ed altri cereali di uso comune.

Diecimila anni fa, infatti, l’uomo non conosceva il glutine. I nostri progenitori si nutrivano di caccia, pesca e raccolta di frutti e radici. Solo più recentemente (nel Neolitico) le tribù nomadi divennero stanziali, iniziando la coltivazione dei cereali primitivi, poveri di glutine. Nei millenni l’uomo ha selezionato i cereali che ridotti a farina si impastavano meglio. La spiga moderna dà un’ottima resa, quindi, perché è ricca di glutine. Non tutti gli uomini, però, hanno saputo adattare il loro patrimonio genetico a questa trasformazione dell’alimentazione di base e, pertanto, non “riconoscono” il glutine come sostanza assimilabile, ma come sostanza estranea da combattere producendo anticorpi.

Recentemente c’è un grande interesse nei confronti del grano antico e, in generale, del ritorno a scelte alimentari più vicine alle esigenze del nostro organismo: maggiore consumo di vegetali, legumi e cereali poveri di glutine, minore introito di proteine animali. Un ritorno, dunque, alle buone pratiche alimentari che un tempo hanno reso possibile la nostra evoluzione.

Dimensione Agricoltura luglio/agosto 2012

L’orto, il cibo, i bambini e… il basilico!

 

 

 

I bambini di oggi, si sa, a parte qualche eccezione, non amano la verdura. Ma se sulla tavola apparecchiata i vegetali non mancano mai e i genitori li consumano quotidianamente, il bambino impara che può fidarsi, ne avrà presto curiosità e finirà col mangiarli normalmente.

I bambini di oggi, si sa, amano i videogiochi, ma se li portiamo in campagna e li facciamo “giocare” a fare i contadini, seminando e accudendo la terra, si compirà una magia bellissima e quanto mai inattesa: i bambini si sentiranno perfettamente a loro agio e saranno ansiosi di veder nascere le loro piantine e raccogliere i frutti del loro lavoro.

Nell’orto i bambini cercano e trovano soluzioni ai problemi, sperimentano e valorizzano il legame con il sapere antico; imparano che c’è un tempo e un ciclo per ogni specie coltivata e che i frutti maturati sulle piante sono più sani e più nutrienti di quelli raccolti anzitempo e trasportati per lunghe distanze. Imparano che coltivare la terra significa lavorare con continuità e tenacia, recependo il valore di un’attività che troppo spesso, oggi, viene lasciata ai margini e considerata di seconda categoria.

Se poi il prodotto del loro gioco-lavoro trova un senso a tavola, allora il cerchio si chiude intorno alla consapevolezza di aver fatto una cosa grande ed utile: produrre cibo per sé e per gli altri.

Il basilico di Giulia.

Giulia ha seminato minuscoli semi di basilico in un piccolo vaso ed ha atteso con pazienza lo spuntare delle prime piantine. La terra umida e il primo sole di primavera l’hanno premiata e lei non vede l’ora di vedere delle belle foglie verdi e profumate riempire il suo vaso. Vuole usarle per aromatizzare la panzanella, piatto povero della cucina toscana.

Intanto si è informata sulle caratteristiche della sua pianta e ha scoperto che è originaria dell’Asia e che possiede buone proprietà antisettiche e antidolorifiche. Inoltre, il suo olio essenziale stimola le difese immunitarie e facilita la digestione. In India è considerata una pianta sacra ad alcuni dei, mentre nelle Filippine si utilizza ancora oggi per indurre il parto.

Il suo nome prende origine dal termine greco basilikòn che significa “regale” e nelle civiltà antiche il suo uso è legato al culto funebre, per la presenza di olii essenziali che conferiscono alle foglie un odore molto particolare e gradevole. In barba all’uso lugubre del passato, Giulia annusa il suo basilico appena nato e pregusta la panzanella. Del resto, povero o no, si tratta di un piatto molto diffuso e “cantato” non solo in Toscana.

“Pagnotta paesana un po’ intostata,

cotta all’antica, co’ la crosta scura,

bagnata fino a che nun s’è ammollata.

In più, per un boccone da signori,

abbasta rifinì la svojatura

co’ basilico, pepe e pommidori.”

Aldo Fabrizi

Dimensione Agricoltura giugno 2012