Archivio della categoria: Nutrizione

Libri in campo

libri in campoUn’apologia del buon cibo fra agricoltura e buone pratiche alimentari: sarà il filo conduttore dell’incontro che si muoverà dalle righe di “Ti racconto la terra”, il libro della biologa nutrizionista Giusi D’Urso, ospite il 18 marzo del quinto appuntamento della rassegna “Libri in campo” in corso all’Istituto Agrario di Todi.
Moderato dal giornalista Sandro Capitani della trasmissione radiofonica Rai “La terra: dal campo alla tavola”, il dibattito intreccerà temi come la sostenibilità, il paesaggio, le scelte alimentari, la stagionalità, l’educazione alimentare, la prevenzione, le tradizioni a tavola.
L’iniziativa vuole essere di supporto non solo agli studenti del “Ciuffelli” ma anche agli operatori delle mense scolastiche e alle stesse famiglie nell’ambito del progetto “Merenda a scuola” che vede l’azienda agraria dell’Istituto fornire colazioni a km zero ai bambini della Materna Broglino di Todi. Il tutto all’insegna di una ricostruzione del rapporto antico fra chi produce il cibo e chi se ne nutre e all’insegna di una nuova consapevolezza alimentare, argomenti di cui la D’Urso per le collaborazioni sul campo con numerose scuole ed associazioni di genitori.
“Ti racconto la terra” verrà presentato nell’Aula Magna del “Ciuffelli” (ore 11).
Il cartellone dei sei incontri di “Libri in campo”, nato per dibattere in occasione dei 150 anni dell’Istituto Agrario di Todi intorno al tema “Nutrire il pianeta” proposto da Expo 2015, si chiuderà martedì 1 aprile con “La terra che vogliamo” di Beppe Croce e Sandro.

Fonte iltamatam.it

La notizia è presente anche sulla home della Provincia di Perugia 

“Ti racconto la terra” è di nuovo alla radio!

Sabato 22 febbraio alle 10,30 e in replica domenica 23 alle 14,00, intervista a Pagine in frequenza, Con Alessandro Forlani, su Rai Radio1.

Ecco il podcast

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Confessioni di una strega (ovvero, l’apologia della mela)

Non avete idea. Non immaginate quanto sia faticoso fare la strega. Mantenere costantemente questo ghigno cattivo, senza potersi mai rilassare, sorridere e fare una buona azione. Non è vita, credetemi! Mai un momento di relax, mai un attimo da dedicarsi in tutta serenità – che so io – per smaltarsi le unghie di un rosa tenue o pettinarsi i capelli grigi e crespi in un’acconciatura più femminile e presentabile. Mai un pensiero allegro e colmo di bontà verso gli altri.

Guai!

E poi, questa storia della mela di Biancaneve!

Confesso, non la reggo più. Biancaneve, dico. Le mele, invece…

Mi piacciono tutte: le Golden, le Delicius, le Renette…oh, le Renette! Che buona la torta alle mele renette di mamma! E che dire delle cotogne? Ogni anno ci faccio la composta. Irresistibile!

Ma la mia passione per questo frutto non finisce qui, lo confesso. Non è solo questione di gusto, sapete? Ho scoperto, leggendo qua e là e confrontandomi con un’amica che s’intende di cibo, che la buccia della mela contiene un tipo di fibra preziosissima. Così benefica e disintossicante da essere consigliata persino in caso di diverticolosi.

Per non parlare del contenuto, in questo frutto, di vitamine e sali minerali: pare che la vitamina A e la C siano quelle maggiormente presenti e che, fra i sali minerali, ci siano il magnesio, il bromo e il rame; mentre – dice la mia amica esperta – è povera di sodio, per fortuna di chi, come me, ne fa vere e proprie scorpacciate, pur soffrendo di pressione alta per le grandi e frequenti arrabbiature.

Ultimamente, poi, da quando Biancaneve è un tantino passata di moda e posso concedermi il lusso di scegliere anche mele differenti dalla solita (buonissima) Red- Delicius, mi sono appassionata a quelle antiche. Ce n’è una che mi somiglia un po’: la chiamano Brutta e Buona!  Ha la buccia spessa e rugosa, è un po’ appiattita ai poli ma molto gustosa. E la Mela Piana? Non la conoscete? Croccante e acidula, si conserva a lungo, fino a primavera inoltrata.

Cosa dite? Perché la Brutta e Buona mi somiglia? Beh, che dire? Brutta, sono brutta, non c’è dubbio. Lo so, nessuno crede alla storia che io possa essere buona, sensibile e delicata. Peccato, perché invece è proprio così, lo confesso, a costo di non lavorare più. Dopotutto, cambiare professione non mi dispiacerebbe. Potrei sempre adattarmi e collaborare con la mia amica esperta di cibo. Lei, almeno, quando le porgo una bella mela gustosa e croccante, non sviene!

Pubblicato su manidistrega.it

 

Per tutti i gusti

cropped-68-20.jpgQuando mangiamo, in genere, non ci chiediamo quali sono i meccanismi che ci portano a scegliere un alimento o a scartarlo. Eppure, dietro un atto così frequente si cela una serie di stimoli sensoriali e di risposte neurologiche molto complessi, che caratterizzano ognuno di noi e il nostro comportamento alimentare.

Il gusto per un dato alimento è un fattore individuale, legato, oltre che al profilo genetico, ad una serie di stimoli sensoriali piacevoli (ricordi, impressioni, sensazioni, sentimenti ed emozioni) con i quali il cervello si confronta prima di scegliere un cibo. In modo speculare, il disgusto per un dato alimento deriva da esperienze e sensazioni negative legate al suo consumo che costituiscono una memoria sensoriale indissolubile. I comportamenti che ne derivano hanno avuto grande importanza nelle varie tappe delle nostra evoluzione, rappresentando, spesso, una delle poche possibilità di sopravvivere ad alimenti potenzialmente tossici.

Gustare o meno un cibo dipende, dunque, dalle sensazioni attuali e pregresse. Oggi sappiamo anche che le sensazioni più gradevoli derivano da particolari miscele di zuccheri, grassi e sale che compongono certi alimenti. Le reazioni a tali miscele, tutt’ora oggetto di studio, sono all’attenzione dell’industria alimentare ogni volta che un nuovo prodotto deve essere immesso sul mercato. Moltissimi cibi industriali, infatti, sono costruiti “a tavolino”, senza che alcun dettaglio venga lasciato al caso. Di recente, un interessante articolo pubblicato sul settimanale tedesco Der Spiegel spiega, citando l’ultimo di libro del premio Pulitzer Michael Moss, come le industrie che sfornano prodotti alimentari di largo consumo studino e progettino il “cibo perfetto” al fine di fidelizzare il consumatore, piuttosto che nutrirlo.

Quali conseguenze provocano alla nostra salute cibi del genere?

La risposta è insita nel meccanismo che regola il ciclo fame-sazietà. In generale, quando le scorte energetiche sono insufficienti avvertiamo il senso della fame; mentre, quando il cibo ci ha fornito sufficiente energia ci sentiamo sazi e smettiamo di mangiare. Così descritto, il meccanismo sembra essere di una ovvietà sconcertante. In realtà, nella regolazione del ciclo fame-sazietà intervengono molti e complessi sistemi inconsci, selezionati in migliaia di anni dai processi evolutivi. Una raffinata serie di segnali metabolici, endocrini e neurologici regola il fabbisogno energetico del nostro organismo, registrando ed integrando al contempo gli stimoli provenienti dall’ambiente.

Tuttavia, oggi, l’accesso ad ogni genere di alimento, lo stress, gli stili di vita frenetici e poco sani, mettono a durissima prova il nostro istinto, l’equilibrio energetico e la chimica che li regola. Accade, così, di rifugiarsi nel cosiddetto confort food, cioè in alimenti estremamente calorici che, facendo presa sulle nostre sensazioni, le nostre nevrosi e i nostri bisogni inconsci, forniscono una soddisfazione immediata del palato, creando dipendenza e le basi per l’accumulo di peso e tutto ciò che ad esso consegue.

Ecco che il gusto e il disgusto, così come anche la fame e la sazietà, vengono destabilizzati, condizionati e spesso destrutturati dalla presenza sul mercato di prodotti estremamente appetibili, poco nutrienti e a buon mercato che agiscono come droghe sul nostro cervello, rendendoci sordi ai reali bisogni dell’organismo.

Saperlo, forse, è già cominciare a cambiare!

Pubblicato su 5Avi

La sapienza dell’adolescente

DSCN6201A noi adulti appare spesso tortuoso e incomprensibile il cammino che un adolescente percorre per diventare grande. Guardiamo nostro figlio e ci ritroviamo a pensare che qualcuno o qualcosa, di cui non conosciamo assolutamente nulla, si sia impossessato del suo corpo e ci chiediamo se il nostro bambino, quello che conoscevamo così bene, che abbiamo nutrito e a cui abbiamo insegnato a parlare e a camminare, tornerà mai a casa!
L’adolescenza è una fase assolutamente complessa e difficile, e, a sentire il parere dei neurobiologi, pare che essa sia il risultato di un delicato periodo neuroplastico. In realtà, ciò che avviene nel cervello dell’adolescente, è una continua e “sapiente” disorganizzazione e riorganizzazione che inizia dalla pubertà e dura fino ai vent’anni circa: un riassetto della materia grigia e di quella bianca, volto a velocizzare e organizzare l’informazione neuronale. Questa spiegazione dovrebbe consolarci: dopo tutto è molto più plausibile della possessione aliena o demoniaca!

Le modificazioni profonde che avvengono a livello neurologico si riflettono nei comportamenti. Anche in quelli alimentari. L’adolescente, in cerca della sua identità e dell’approvazione dei pari, è spinto a condividere con gli amici gli alimenti che in famiglia gli vengono concessi con regola e moderazione. Egli tende a seguire mode e pubblicità e spesso modifica il suo comportamento alimentare in base al significato simbolico di particolari cibi o a determinate scelte etiche. Spesso l’adolescente tende ad utilizzare il cibo come strumento per controllare le modificazioni che il proprio corpo subisce durante questa delicata ed esplosiva fase di crescita. Con le sue scelte drastiche e irrazionali, a volte, ci segnala disagi e malumori che ci inducono a riflettere, soprattutto in quest’epoca di repentini cambiamenti sociali, in cui l’indebolimento dei modelli familiari lascia spazio a quelli imposti dai mass-media.

Cosa ci dice, in fondo, l’adolescente? Ci comunica, con i suoi sbalzi di umore, la difficoltà di un cambiamento, la fatica di trovare una collocazione, un ruolo, un tempo e uno spazio nell’ambito familiare e in quello sociale. Ci indica, con le sue scelte alimentari poco corrette, che ha bisogno di provare, assaggiare, gustare cibi alternativi, proibiti e poco sani perché essi esistono, fanno parte degli ambienti che frequenta e nei quali non potrebbe non condividerli. Ci informa che vuole sentirsi uguale agli altri e degno di attenzione, che è in grado di gestirsi da solo anche a tavola e che è il momento di recidere quel legame così stretto e profondo che lo ha tenuto legato alla nutrice e alle sue regole. Facciamocene una ragione.

D’altra parte, se la regola dell’alimentazione corretta è stata e continua ad essere presente sulla tavola di casa, è poco probabile che il nostro piccolo grande uomo, o la nostra piccola grande donna, se ne allontani definitivamente, una volta assaporate ed esperite l’autonomia e l’ebbrezza della scelta trasgressiva. Perché, in fondo, ciò che conta dal punto di vista educativo/nutrizionale è già stato. Quella guida elastica ma determinata, quella autorevolezza accogliente e consapevole, quella dipendenza stretta da cui germoglia l’autonomia si sono già compiute quando nostro figlio era ancora un bambino.
Riflettendoci bene, quindi, il nostro uomo in erba, che sperimenta e rifiuta, accoglie e differenzia, chiude canali comunicativi canonici e ne apre di nuovi e insoliti, dopo tutto ci offre un’occasione preziosa per riflettere su ciò che è stato ed è il nostro stile alimentare (e non solo); ci pone di fronte alla possibilità di rivalutare, ponderare e, qualora fosse il caso, ripensare le nostre scelte alimentari. Come se imparassimo di nuovo a diventare grandi, con quel pizzico di euforica sapienza che il nostro adolescente di casa, ogni giorno, ci regala.

 

Cibus in fabula

1512600_502325426544960_728866758_nCammina cammina, sbriciolando con perizia il pane per ritrovare la strada del ritorno, un bimbo alto quanto un pollice intravide, nel bosco fitto fitto, una bambina con la mantella rossa che recava con sé un cestino pieno di focaccia. Fu tentato, allora, di seguirla, tanto era invitante quell’aroma di cose buone appena sfornate che si andava diffondendo fra gli alberi. Alla fine, però, decise di proseguire per la sua strada. La sua scelta fu premiata da una visione celestiale: una casetta di marzapane e leccornie di ogni genere. Che strana casa – pensò avvicinandosi. La porta incastonata fra confetti e biscotti, le finestre socchiuse con sporti di torrone e frutta candita. Che meraviglia! Sarebbe rimasto incantato tutto il pomeriggio e avrebbe anche fatto qualche assaggio se non fosse stato distratto dal fragore e il polverone alzati  da un’enorme zucca gialla tirata da cavalli lanciati al galoppo!

Perbacco! Un po’ di rispetto per chi va a piedi! – borbottò.

Subito dopo, riprese il cammino, continuando a sbriciolare il suo tozzo di pane, fino a quando, al bordo del bosco, lungo una vigna ben curata incontrò una volpe che vociava e spettegolava contro un grappolo d’uva nera e poco più in là una vecchia bitorzoluta che carezzava una mela rossa, cantilenando fra sé e sé una formula magica.

Ce n’è sono di stranezze in questo bosco – pensò – ma non si dette pena più di tanto e continuò il suo cammino, ignaro che poco più avanti si sarebbe trasformato nell’ambito pranzo di un orco così cattivo che ancora, ogni tanto, me lo sogno anch’io!

Cari lettori, basta fare un piccolissimo sforzo di memoria per ricordare le favole di cui abbiamo fatto scorpacciate da bambini e per individuare in ognuna di esse almeno un cibo, carico di simbologie e significati profondi. In realtà (anche se nelle favole di codesta ce n’è davvero poca!), si tratta spesso di “presenze” funzionali alla storia e quindi di “veicoli” attraverso i quali far passare messaggi con maggiore facilità.

Perché proprio il cibo? – vi chiederete. La risposta è a portata di mano, sapete?

Pensate alla strega cattiva che offre a Biancaneve un fiore o un pettine avvelenato. Pensate a Pollicino che, per individuare la strada del ritorno, lega brandelli di stoffa ai cespugli e ai rami degli alberi; o a Cenerentola, che si fa portare al ballo in una carrozza vera, o in biciletta! Pensate, infine, alla povera Cappuccetto Rosso con un cestino vuoto oppure pieno di panni da far stirare alla nonna!

Niente da fare, il cibo è più affascinante, coinvolgente, stuzzicante, magico, miracoloso. È qualcosa di familiare, direi irrinunciabile, che diventa noi e di cui abbiamo, o dovremmo avere, rispetto. In alcune favole addirittura si identifica con noi stessi, che diveniamo cibo per orchi ed altre creature fantastiche, mentre si risveglia quell’atavico terrore di essere mangiati, anziché ed ancor prima di mangiare!

Cibus in fabula est, come nei racconti d’infanzia dei genitori, in cui c’è sempre qualcuno che non vuole mangiare e qualcun altro che invece mangia troppo; come nei racconti di guerra dei nonni, in cui i cibi più poveri diventano una benedizione. E tutti a bocca aperta ad ascoltare; tutti attenti e curiosi a far domande, per imparare dagli altri la vita, sgranocchiando magari un buon biscotto di pasta frolla.

Detta così, sembra una storiella di tempi lontanissimi; mentre, posso assicurarvi, che non sono passati poi così tanti anni. Cos’è accaduto? I bambini hanno ancora bisogno delle favole, i nonni hanno ancora bisogno di raccontarle, anche se il mondo è cambiato in fretta e Cappuccetto rosso vagabonda nel bosco con le cuffie nelle orecchie e il paniere pieno di tè alla pesca e merendine confezionate che non profumano per niente; Pollicino non ha paura di perdersi perché verrebbe localizzato tramite il suo cellulare; Biancaneve non rischia la vita perché non mangia né frutta né verdura, la volpe non disprezza l’uva perché deve darsi troppa pena per trovare un bel campo coltivato e Cenerentola prende comodamente un treno ad alta velocità che la porta dritta al castello!

Eppure, in questi giorni di festa, ho sbirciato (e non me ne vogliate!) attraverso qualche finestra e ho visto mani che impastavano e teste curiose di bimbi gironzolare per la cucina piena di colori e di teglie da infornare. Nulla è perso se ancora qualcuno fa i biscotti, e se qualcuno ancora li mangia, ridendo e giocando con le dita sporche di farina.

Anche questa sembra una favola; invece, credetemi, è realtà!

Pubblicato su manidistrega.it

 

La recensione pubblicata su Il Gazzettino!

Giusi D’Urso ci “racconta” la terra.
di Rodolfo Amodeo

 

Una nuova pubblicazione della biologa nutrizionista, originaria di Francavilla di Sicilia, sull’importanza ed il “fascino” di una corretta alimentazione basata sui prodotti agricoli coltivati in maniera naturale, così come facevano i nostri nonni

     Con l’ultima sua fatica editoriale “Ti racconto la terra”, Giusi D’Urso, biologa nutrizionista e patologa clinica originaria di Francavilla di Sicilia e residente a Pisa ormai da trent’anni, è riuscita ancora una volta a coniugare la sua professione con l’amore per la scrittura. In questa sua nuova pubblicazione, edita per i tipi della “ETS”, affronta infatti con abile stile divulgativo le varie tematiche legate alla buona e sana alimentazione derivante dall’uso dei genuini prodotti dell’agricoltura. Ed alle interessanti informazioni e considerazioni dell’autrice, si intervallano le testimonianze e gli “amarcord” di Stefano Berti, direttore della “Confederazione Italiana Agricoltori” (C.I.A.) di Pisa, sull’antico mondo contadino.

Nelle cento pagine di “Ti racconto la terra”, Giusi D’Urso invita il lettore a seguire uno stile nutrizionale “in simbiosi” con l’ambiente in cui vive, evitando tutti quegli alimenti propinati dalle mode e dalla pubblicità, ma che non appartengono alla nostra cultura alimentare e che, soprattutto, vengono prodotti “forzando” i processi biologici naturali pur di soddisfare le esigenze dell’industrializzazione e della globalizzazione.

E, quasi parafrasando il vecchio motto “dimmi come mangi e ti dirò chi sei”, la biologa siculo-toscana dimostra la stretta correlazione tra l’odierno “modus vivendi”, all’insegna della fretta e della superficialità, ed il contenuto dei nostri piatti, dove regnano sovrani alimenti industriali di facile e veloce preparazione, ma ricchi di additivi, grassi e zuccheri e poveri di vero nutrimento.

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A La Dolce Linea si parla di Ti racconto la terra e di Nutrizione infantile

Venerdì 15 novembre La Dolce Linea – con Tiziana Stallone e Sara Sanzi

Ecco il podcast

 

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