Disponibile presso Edizioni ETS, dal 10 luglio in tutte le librerie.
Scheda del libro
Dal web:
Con gli anni, ho imparato dal mio lavoro che la prima cosa da valutare nei casi di sovrappeso e obesità non è il peso in eccesso, ma l’individuo stesso, fatto di pensieri, comportamenti, gusti, disgusti, emozioni e sentimenti. Valutare solo il suo peso è riduttivo, così come lo è mirare al solo dimagrimento. Una volta raggiunto un peso accettabile, le sue abitudini pregresse torneranno a farla da padrone se non abbiamo lavorato per ristrutturarle e riabilitarle. Il percorso nutrizionale deve essere sostenibile e personalizzato, prevedere momenti di autovalutazione e confronto con altri individui; porre al primo piano la gestione dell’appetito e delle trasgressioni, coerentemente con le abitudini e i bisogni della persona. Poiché solo acquisendo strumenti pratici e funzionali l’individuo sarà in grado di affrontare i momenti di fragilità e gestirli al meglio. Evitare trasgressioni e gratificazioni significa eludere il problema e rimandarne la soluzione, instaurando un circolo vizioso fra le compulsioni e i sensi di colpa. E’ importante chiarire da subito che gli obiettivi si raggiungono con la collaborazione, la fiducia nel trattamento e nelle proprie abilità. E, poiché chi ben comincia è a metà dell’opera, credo si debba iniziare da una comunicazione corretta e un atteggiamento di accoglienza e ascolto. Solo così si può riabilitare, risolvere e costruire
L’immagine è relativa al trattamento di riabilitazione nutrizionale di un uomo obeso di 40 anni, in assenza di complicanze. Il suo Indice di Massa Corporeo (IMC, o BMI in inglese) si è ridotto in maniera sostanziale e graduale, sin dalle prime settimane di trattamento (fino a questo momento, 14 settimane): l’individuo non è stato sottoposto a nessuna dieta restrittiva, ma è stato rieducato alla scelta di cibi adeguati, alla gestione dell’appetito, di eventuali momenti di compulsione e di momenti di condivisione a tavola (feste, aperitivi con gli amici, ecc.). Oltre alla rieducazione alimentare, sta seguendo un’attività fisica quotidiana e moderata.
Orari, sedi e modalità operative dello studio nutrizionale.
Immagine e testo di Giusi D’Urso
Ovvero, come un meccanismo salvavita può giocare brutti scherzi!
Tutti noi, oggi, ci sentiamo “stressati”, nel senso che siano oberati di impegni, affaticati dalle corse con il tempo, sfiancati dalla costante sensazione di non farcela. Tuttavia, il termine stress dal punto di vista biologico è un adattamento molto antico che, in condizioni estreme, ci ha permesso di sopravvivere. Si tratta, infatti, di una serie di risposte efficientissime in grado di attivare le nostre riserve energetiche nei momenti in cui se ne presenti la necessità. Pensiamo, ad esempio, al bisogno di fughe veloci dinnanzi a un grosso predatore o a un terremoto. Nulla di più utile e positivo, dunque!
In realtà, però, così come lo viviamo oggi, lo stress diventa uno stato di allerta cronico che riserva non poche sorprese svantaggiose per la nostra salute. In primo luogo, è alla base della produzione continua di cortisolo, ormone deputato, fra molte altre cose, a stimolare il rilascio di glucosio nel sangue e la tendenza a scegliere cibi calorici (sempre per l’antichissimo “vizio” di utilizzare l’energia per salvarci la pelle!). Questa tendenza provoca un aumento della produzione di insulina che, una volta immessa nel sangue, favorisce accumulo di scorte adipose. La situazione di ipersecrezione insulinica protratta a lungo inibisce la risposta del cervello a un altro ormone importante: la leptina, prodotta dalle cellule adipose come segnale di sazietà. Le cose sono ulteriormente peggiorate dal fatto che lo stress a lungo termine e la conseguente produzione prolungata di cortisolo rendono il sonno più breve e meno riposante: questo innalza i livelli di grelina, ormone gastrico e pancreatico che stimola l’appetito. Inoltre, il ricorso a cibo calorico dovuto agli alti livelli di cortisolo si traduce oggi nella tendenza a consumare alimenti “consolatori” (comfort food) che un tempo non esistevano e che mettono a dura prova il nostro equilibrio metabolico. Tutto, dunque, gioca contro il mantenimento di un peso corporeo adeguato e saperlo ci aiuta a capire come uscire da questo loop che si autoalimenta. Insieme a scelte alimentari adeguate ed equilibrate, quindi, diventa importantissima anche la gestione dello stress.
Immagine tratta dal mio libro “Spunti di Nutrizione ed altro…” MdS Editore
Informazioni su sedi, orari e modalità operative dello studio nutrizionale
Fino a qualche anno fa non avrei mai immaginato di utilizzare le mie competenze professionali in ambiti così particolari e specifici quali quelli della disabilità fisica e cognitiva e degli stati di disagio psicologico e sociale.
Per caso – ma il caso esiste? – ebbi anni fa l’occasione e il privilegio di lavorare con bambini affetti da patologie genetiche, anche gravi e quella esperienza – lo ricordo bene – mi cambiò per sempre, offrendomi la possibilità di utilizzare i miei strumenti in un modo inatteso e, al tempo stesso, dandomi la sensazione di potermi rendere utile in ambiti che fino a quel momento avevo considerato lontani dal mio. La riflessione che ne è scaturita mi ha portata alla convinzione, sempre più strutturata, che il cibo e l’atto di alimentarsi e di lasciarsi alimentare sono azioni assolutamente imprescindibili e che, più spesso di quanto immaginiamo, possono rappresentare un rifugio, una via d’uscita, un supporto a svariati percorsi e protocolli terapeutici.
Di recente, questa esperienza interessante si è, in un certo senso, integrata e arricchita attraverso un’altra: quella del disagio psichico e sociale. In modo sorprendente, il cibo, la cura per i propri gusti, del proprio corpo, la consapevolezza di ciò che scegliamo, insomma, l’attenzione a come ci nutriamo possono coadiuvare percorsi e recuperi in questi ambiti così complessi. Lavorare sulle dinamiche nutrizionali, manipolare gli alimenti, raccontare le proprie preferenze a tavola e confrontarsi con gli altri significa spesso recuperare il rapporto con il proprio corpo e con ciò che lo appaga e lo fa stare bene. Il cibo è, ancora e sempre, il legame profondo con chi ci ha nutrito e ci nutre, con la terra, con noi stessi, con la nostra storia: l’espressione più alta dell’accudimento e dell’auto-accudimento. Come ho fatto anni fa a non immaginare risvolti così interessanti?
Ogni giorno scopro che fare la nutrizionista significa lavorare su più fronti, essere aperti all’aggiornamento costante e profondo, imparare continuamente dagli altri e adoperarsi per rendersi utili.
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Immagine di Giusi D’Urso (tratta dal testo Spunti di nutrizione ed altro. MdS)
Ovvero, cosa resta del tempo che fu?
Ci sono nozioni che servono a fare luce sui nostri comportamenti. A volte, possono sembrare cose lontane. In realtà, sapere da dove veniamo aiuta spesso a capire verso cosa e in che modo stiamo procedendo.
Dai primi ominidi in poi, il corpo umano ha subito modificazioni profonde. Quella che ha avuto maggiori ripercussioni sulla nostra evoluzione in uomini moderni è probabilmente l’aumento delle dimensioni del cervello. Questa trasformazione è iniziata dall’era glaciale e si è protratta fino allo sviluppo del cervello di Homo Sapiens che ha dimensioni medie pari a 1350 centimetri cubi. Lo sviluppo di un grande cervello, realizzatosi con l’acquisizione una vastissima rete neuronale (l’uomo possiede circa 11,5 miliardi di neuroni, lo scimpanzé circa 6,5) ha avuto non pochi risvolti positivi: ha reso l’essere umano abile al ragionamento, ha sviluppato la memoria, le competenze e la capacità di apprendimento. Ma soprattutto lo ha reso un ottimo naturalista e un essere altamente adeguato alla socialità: i cacciatori-raccoglitori, nutrendosi di animali e di molte specie vegetali, necessitavano di notevoli competenze in fatto di cicli vitali animali e di stagionalità delle piante. Inoltre, vivendo in condizioni climatiche spesso estreme, avevano bisogno di strategie efficaci per trovare cibo e riparo, costruire armi e utensili e, soprattutto, collaborare con i loro simili: i comportamenti cooperativi, difatti, richiedono abilità molto complesse (comunicare, limitare comportamenti aggressivi, comprendere i bisogni altrui, memorizzare ruoli sociali). Un cervello così grande e potente, però, aveva delle richieste energetiche enormi, questo è il motivo per cui si è evoluto nelle epoche in cui è risultato possibile accedere a nicchie alimentari varie che offrissero alimenti energeticamente più ricchi di bacche, foglie e radici. La svolta che ha reso possibile lo sviluppo del grande cervello è stata rappresentata da molteplici “occasioni vantaggiose”: l’accesso ai grassi animali (carne e pesce) che hanno fornito quote energetiche superiori e materia prima per la costruzione del tessuto nervoso; la tendenza a fare depositi grassi che ha permesso la sopravvivenza in epoche di cambiamenti climatici estremi che portavano a carestie e siccità prolungate nel tempo; e le condizioni climatiche poco favorevoli, che hanno prodotto necessari e impegnativi esercizi d’ingegno.
Oggi – ne converrete – le condizioni in cui viviamo sono estremamente lontane da quelle che ci hanno forgiati e resi esseri intelligenti, resistenti al caldo e al freddo, atti a camminare e a correre, adattati a instaurare numerose e complesse reti sociali. Ciò che resta di epoche così lontane – e non mi pare affatto poco – sono le abilità. Ci piaccia o no, siamo fatti per muoverci, ingegnarci, collaborare con i nostri simili e nutrirci dell’essenziale. Forse prenderne atto ci aiuta ad attivare cambiamenti virtuosi del nostro stile di vita: non serve tornare a condizioni primitive, né rinunciare a ciò che con fatica e impegno l’essere umano ha conquistato e realizzato. Sapere e riflettere su ciò che oggi la scienza è in grado di spiegare è utile per tornare a fare i conti con le nostre effettive necessità.
Testo e immagine di Giusi D’Urso
Per approfondire
La storia del corpo umano. D. Lieberman. Le Scienze
In carne e ossa. Biondi et al. Editori Laterza
Informazioni su sedi, orari e modalità operative delle studio nutrizionale
consapevolezza alimentare, educazione alimentare, In salute col cibo
abitudini alimentari, antropologia alimentare, cacciatori-raccoglitori, grande cervello, Homo sapiens, scelta onnivora
Il pasto assistito è un o strumento utilizzato nel trattamento dei Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) e consiste in un momento di osservazione in cui la paziente (o il paziente) viene assistita durante i pasti da un operatore per aiutarla/o a superare gli ostacoli che impediscono un’assunzione adeguata di nutrienti per quantità e qualità.
Nella mia pratica, tuttavia, ho sperimentato, e negli anni collaudato, un pasto assistito particolare, o più correttamente un pasto “osservato”, adattandolo ai problemi alimentari in età pediatrica, che siano relativi all’inappetenza comune, a disordini alimentari di vario tipo o al rifiuto pervicace del cibo. Si tratta di osservare la bambina o il bambino in questione durante uno dei pasti principali, possibilmente quello che nel racconto dei genitori viene riferito più problematico, e raccogliere in quel contesto una serie di informazioni che possono essere utili al completamento di una buona anamnesi. L’osservazione deve avvenire in totale accordo con i genitori, in completo silenzio da parte dell’operatore e con modalità non invasive.
In genere, questo tipo di osservazione, meglio se ripetuta più di una volta, si rivela molto utile (in qualche caso, addirittura, illuminante) nel reperire informazioni e chiarire dinamiche alimentari complesse.
Sebbene possa risultare una richiesta insolita, soprattutto all’inizio di un percorso di riabilitazione alimentare dei piccoli, il pasto assistito in età pediatrica , come momento di attenta osservazione, rappresenta a mio avviso uno strumento prezioso per chi lavora nell’ambito della nutrizione pediatrica.
Immagine tratta dal web
Informazioni su sedi, orari e modalità operative dello studio nutrizionale
In questo blog potresti leggere anche i seguenti articoli attinenti:
Non solo DCA
Le risposte dei grandi
Se non mangiomi vuoi bene?
Se sei un professionista della nutrizione potrebbe interessarti anche questo post:
Corso ABNI di nutrizione pediatrica
immagine tratta da vitadamamma.com
Sono molti i modi in cui si può fare educazione alimentare ai bambini, ai ragazzi e alle famiglie. Nel mio lavoro ho scelto il metodo esperienziale: fare le cose aiuta a capire cosa sono, quanto sono importanti, come si possono gestire.
Conoscere il cibo, la sua storia, i suoi percorsi – dentro e fuori di noi – è il modo migliore per imparare a sceglierlo.
Oggi, l’educazione alimentare è una disciplina fondamentale: fornisce strumenti per restare in buona salute, aiuta a fare scelte sostenibili, a identificarci con il territorio in cui viviamo, ad arricchire le relazioni umane. Per questo, per la complessità che la contraddistingue è necessario affrontare l’educazione alimentare in modo multidisciplinare, trasversale, attento, approfondito e, possibilmente, giocoso.
In questo m’impegno ogni giorno.
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Immagini di Giusi D’Urso
Il 17 aprile 2015 ripartiranno gli incontri gratuiti de La MezzaLuna presso il Polo Oncologico dell’Azienda Ospedaliera Pisana, in collaborazione con l’Associazione Oncologica Pisana “P. Trivella”. Si tratta del terzo ciclo di lezioni/conversazioni dedicate all’alimentazione e alla gestione delle emozioni nei pazienti oncologici: in particolare, il primo (2013) è stato destinato agli operatori sanitari, mentre gli ultimi due (2013/2014) ai malati e a chi se ne prende cura ogni giorno (parenti e altre figure).
Sta per iniziare, dunque, il quarto ciclo di incontri, rinnovato e aggiornato: un’esperienza che ci rende fieri di ciò che come Centro di Educazione Alimentare facciamo ogni giorno, con passione e dedizione. Un impegno che ci gratifica e ci arricchisce.
Un grazie all’Associazione Oncologica Pisana, all’oncologo dott. Antonuzzo e a chi ha partecipato agli incontri precedenti.
Vi aspetto, insieme a Cristina Cherchi, pedagogista clinica!
Gli incontri avranno luogo presso la sala al piano terreno del Polo Oncologico dell’Ospedale Santa Chiara di Pisa dalle 15,30 alle 17,30 nelle seguenti date:
17 aprile
15 maggio
19 giugno
Condurranno gli incontri:
Dott.ssa Giusi D’Urso – Biologa Nutrizionista Dott.ssa Cristina Cherchi – Pedagogista clinica (esperte de La Mezzaluna – Centro Educazione alimentare)
L’iniziativa è diretta ai pazienti oncologici, familiari, caregiver,
volontari, personale sanitario e chiunque sia interessato all’argomento.
Per informazioni:
Segreteria AOPI tel. 05046217
A.O.PI. Gruppo Donna Tel. 050992869
(dal lunedì al venerdì dalle 10,00 alle 12,00)
– Dove corri così in fretta?
– È tardi! È tardi! – diceva, nervoso e inquieto, il Bianconiglio. Come se qualcosa d’irreparabile stesse per accadere, intorno alla tavola bellamente apparecchiata per il tè. E, nonostante la sua fretta suggerisca sensazioni moderne di frenetica quotidianità, il personaggio di Carroll è, al contrario, un richiamo d’attenzione verso ciò che accade intorno. Grazie a lui Alice, incuriosita dal ballonzolare nervoso e dal comportamento irrequieto, inizia il viaggio nel Paese delle Meraviglie, nel luogo e nello spazio delle cose piccole ma piene di significato, di tutte le esperienze che fanno diventare grandi!
E noi, invece? Dove corriamo? Cosa accadrà di così irreparabile se ci fermiamo a prendere coscienza di ciò che stiamo vivendo in quell’istante, in quel posto?
Mentre arranchiamo chissà dove, attorno alla nostra tavola apparecchiata accadono piccole meraviglie piene di significato. Se ognuno di noi seguisse il suo Bianconiglio, probabilmente, si renderebbe conto che masticare a lungo un cibo permette, attraverso il calore, la saliva e l’azione meccanica dei denti, la liberazione di molecole aromatiche che, stimolando i recettori olfattivi e quelli gustativi, permettono la percezione dei sapori.
Gustare il cibo non è solo un piacere, un modo di gratificarsi attraverso le scelte che facciamo a tavola, ma rappresenta una tappa importante per raggiungere la sazietà, cioè la sensazione di appagamento prodotta da una serie di messaggi chimici che, partendo da varie zone dell’apparato gastro-intestinale (bocca, stomaco, intestino), raggiungono nel cervello il centro deputato alla regolazione della fame e della sazietà. Se non ci concediamo il tempo di masticare, assaporare, apprezzare la tessitura di un cibo, il rumore che esso fa sotto i denti, la sinfonia sensoriale che ogni sua parte produce a contatto con i nostri organi di senso, perdiamo gran parte del significato che l’atto di mangiare reca con sé. Eludiamo il meccanismo dell’appagamento, non avvertiamo né il piacere del cibo né il senso della pienezza: il rischio è quello di mangiare più del dovuto, senza nemmeno la soddisfazione del gusto!
Il Bianconiglio di Carroll ne sarebbe quantomeno infastidito: sorvolerebbe con sufficienza sulle nostre manifestazioni d’ansia, guarderebbe con diffidenza il nostro frenetico ingurgitare, esprimerebbe sdegno di fronte alla cattiva abitudine di mangiare di fronte al computer o isolandoci aggeggiando col cellulare. Ci troverebbe immaturi, superficiali, inconsapevoli e alienati. Indifferenti e “stranieri”, nel senso inteso da Camus nel suo famoso romanzo, seduti a casaccio intorno a un tavolo, incapaci di gustare il cibo e la vita, divoratori inconsapevoli di alimenti e di istanti preziosi. Vogliamo davvero mangiare così? Vogliamo davvero insegnare ai nostri figli che correre è il modo giusto per arrivare alla fine di un pasto o per vivere tutto ciò che ci accade?
Dovremmo riflettere, ma soprattutto rallentare; così, ne sono certa, riusciremmo a intravedere, fra i balzi di un simpatico coniglietto bianco, il nostro personale, irrinunciabile Paese delle Meraviglie.
Immagine di Giusi D’Urso, testo pubblicato su manidistrega.it per la rubrica Cibus in fabula
Dal 22 al 24 maggio 2014 a Rimini, presso il Suite Hotel Litoraneo, si svolgerà il corso di Nutrizione Pediatrica destinato ai biologi, medici nutrizionisti e psicologi. Per informazioni ed iscrizioni: corsi@abni.it, oppure consultare il sito. Il programma delle lezioni verrà svolto da personale qualificato, il corso è stato accreditato per l’Educazione Continua in Medicina con 25 crediti.
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