Piccoli gruppi al lavoro!



Percorsi di gruppo presso lo studio nutrizionale dott.ssa Giusi D’Urso
A Pisa, in Largo Arieti, 25, presso il centro serivizi Il Parlascio. 

Si tratta di gruppi di lavoro di almeno 5 persone (massimo 8). Gli incontri di gruppo, che partiranno dal 15 maggio, comprendono

  • conversazioni sulle strategie volte al mantenimento del peso adeguato, ad uno stile di vita sano e a scelte alimentari corrette;
  • laboratori pratici, per sperimentare gli strumenti appresi.

 

Percorso 1: “Ciccione a chi?”

  • A) per adulti: da 5 a 8 persone in sovrappeso o obese
  • B) per bambini: 5 bambini età 6-10 anni in sovrappeso o obesi
Percorso 1: “In pace con l’intestino”

Per adulti
: da 5 a 8 persone

 

Il lavoro di gruppo su temi quali il sovrappeso e il buon funzionamento dell’apparato digerente danno l’opportunità di confrontarsi e condividere problemi e soluzioni; offrono un luogo e un tempo per apprendere e sperimentare nuove strategie per rimanere in buona salute. Al centro di ogni percorso, oltre all’attenzione al proprio benessere, è posta la relazione umana, risorsa essenziale nel cammino verso stili di vita più sani!

Per informazioni sui costi e sulle date degli incontri, scrivere a
giusi.durso@libero.it, o chiamare al 347 0912780

Un bel contributo del collega Marcelli

DIETE? NO, GRAZIE

Come mai, nonostante tante diete e sistemi miracolistici proposti tutti i giorni da giornali, riviste, televisioni e negozi specializzati, l’obesità è in costante aumento piuttosto che diminuire?
Impariamo a conoscere cosa succede quando ci mettiamo a dieta.

STRATEGIE PER DIMAGRIRE

Sono in molti a credere che il sovrappeso e l’obesità siano condizioni derivanti solo da un’eccessiva assunzione di cibo. La strada da seguire per risolvere il problema è già tracciata.
Due sono, infatti, le strategie adottate:

  • ridurre la quantità di cibo (rilevante riduzione o dieta severa);
  • incrementare i tempi da dedicare all’attività fisica (palestra).

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Di sprechi e di risparmi

È tempo di crisi. Sai la novità!

Ma al di là del comprensibile scoramento, è un tempo, questo, da trasformare in opportunità. L’occasione di imparare a risparmiare, riducendo gli sprechi e tornando ad uno stile di vita più equilibrato, sostenibile e parsimonioso.

Secondo quanto dichiarato dalla FAO nell’ottobre dello scorso anno in Italia nel 2011 lo spreco di cibo a livello domestico è costato ad ogni famiglia circa 1600 euro l’anno, cioè il 27% della spesa annuale alimentare. Continua a riecheggiarmi in testa una frase letta in una relazione di Emanuela Amendola (dott.ssa in Economia, Associazione di promozione sociale La MezzaLuna): “Sebbene sia noto che l’incidenza dello spreco vari in base al clima, allo status socio-economico, alla cultura (per esempio, l’abitudine a preparare generosamente più cibo di quello che può essere mangiato), tuttavia resta evidente che, in ogni caso, lo spreco alimentare domestico non solo esiste, ma ha anche notevoli dimensioni economiche.”
Tutto sommato, è una buona notizia, perché su questo dato si può decisamente intervenire, non certo risparmiando sul costo del buon cibo, ma eliminando, appunto, inutili sprechi.

Come?

Iniziando, ad esempio, dalla lista della spesa, non dimenticando mai di farla prima di entrare in un supermercato, annotando solo ciò di cui abbiamo veramente bisogno ed evitando di fare scorte di dubbia utilità che, peraltro, ci costringono al continuo controllo della scadenza. Chi fa la spesa nei mercati contadini o direttamente dai produttori locali è avvantaggiato dal fatto che le materie prime sono stagionali e freschissime, quindi meno soggette a repentino deperimento. Inoltre, un prodotto ortofrutticolo fresco avrà meno scarti di uno confezionato, magari proveniente da luoghi lontani. In cucina, poi, avvengono straordinarie magie: come quella di trasformare molti scarti vegetali in materia prima per creme vegetali, zuppe e minestroni.
Anche la pasticceria si presta alla pratica del riciclo e, quindi, del risparmio. Un esempio: le bucce di molti frutti (non trattati), dopo essere state lavate e ben asciugate, possono essere ridotte in piccoli pezzi e congelate, per essere utilizzate in seguito come fonti aromatiche nei dolci. Oppure, in alternativa, si possono conservare in frigo, in un barattolo di vetro, ricoperti di un strato d’olio, per aromatizzare insalate, arrosti e frittate. La cucina del giorno dopo, inoltre, un tempo scontata perché necessaria, oggi torna di moda, con la trasformazione dei resti in polpette e polpettoni, frittate e sformati.

C’è un altro fenomeno che rende quest’era così difficile una buona occasione: la necessità di ricominciare ad insegnare ai nostri figli l’adattamento a tavola. Avvezzi ad avere sempre tanto e troppo, ad accedere a pochi gusti accattivanti e fidelizzanti, i nostri bambini spesso rappresentano, in qualche modo, un ostacolo ai comportamenti anti-spreco: cibi pronti dei quali paghiamo anche la confezione, alimenti ad altissima impronta ecologica, abitudine a sciupare e gettare via parte dei pasti, a rifiutare le novità, i piatti più semplici e le pietanze del giorno precedente.

E allora, dato che la crisi attuale non riguarda solo il nostro portafoglio, non solo il nostro Paese, ma coinvolge l’intero pianeta, l’intero sistema economico, c’è da chiedersi: i nostri bambini, figli di epoche indifferenti alle conseguenze dello spreco, riuscirebbero a sopravvivere in un mondo più povero di risorse?

Pubblicato su “Alimentazione” – Dimensione Agricoltura di Aprile 2013

 

 

 

 

 

Calorie? No, grazie, vado a molecole!

Le diete, si sa, sono strettamente imparentate alle calorie. O meglio, alla restrizione calorica. La parola dieta, in genere, non ci fa venire in mente l’antica Diaita che significa stile di vita; ma suscita una sorta di fastidioso senso di rinuncia, richiama inevitabilmente il sacrificio e la privazione.

Chi si mette a dieta, dunque, riduce le calorie. Le conta e le riconta, le taglia, le identifica immediatamente sulle etichette alimentari e passa parte del proprio tempo ad imparare come distribuirle durante la giornata e come compensare ogni volta che il suo istinto, la sua gola o la sua fame lo renderanno vulnerabile di fronte alla vetrina di un pasticcere, allo scaffale di un supermercato o alla dispensa di casa. L’industria alimentare, dal canto suo, offre prodotti “calibrati” ed equilibrati dal punto vista calorico, che vantano sulle confezioni il miracoloso obiettivo del dimagrimento in salute e bellezza.

Le diete ipocaloriche, diciamolo, sono comunque un vero incubo, che peraltro ha scarse ricadute sul mantenimento del peso forma a medio e lungo termine.

A fronte di una così diffusa pratica che pone un’attenzione quasi maniacale alla quantità di cibo assunto, c’è ancora una scarsa considerazione per la qualità di ciò di cui ci nutriamo.

In realtà, ripensando alle calorie, non siamo macchine termiche ma macchine chimiche: ogni volta che mangiamo, il sangue e l’intero organismo si modificano profondamente sia dal punto di vista ormonale che metabolico. Dopo ogni atto alimentare, dunque, siamo diversi rispetto a prima di mangiare. E questo non tanto a causa delle calorie introdotte, ma delle molecole di cui è costituito il nostro cibo. Così, gli zuccheri alzeranno la glicemia del sangue e indurranno produzione di insulina, i grassi verranno portati al fegato e distribuiti nei tessuti di riserva, alle cellule per il ricambio delle loro membrane, serviranno al trasporto delle vitamine liposolubili, costituiranno nuove guaine mieliniche per i nervi; così, le proteine andranno a costituire ossa e muscoli, formeranno anticorpi, enzimi e molecole ormonali. E a seguire, tutti gli altri nutrienti, in un grande fermento metabolico variegato, interattivo e complesso che sta alla base della nostra vita e della nostra salute.

È comunemente noto che un grammo di proteine o di carboidrati forniscono entrambi circa 4 grandi calorie; ma è altrettanto nota la funzione diversa che i due principi alimentari esercitano nel nostro organismo. In sostanza, due cibi possono fornire la stessa quantità di calorie ma essere qualitativamente e funzionalmente molto diversi.

Oltre ai nutrienti, il cibo, soprattutto quello industriale, può contenere additivi che si accumulo nel corso della catena produttiva. Quello proveniente da agricoltura intensiva conterrà tracce di pesticidi, fertilizzanti, ecc. Quello proveniente da paesi lontani sarà nutrizionalmente un p’ più povero.

Quindi, tornando alla dieta e alle rinunce che essa reca con sé, forse è il caso di riflettere sul non senso di certi calcoli e certi sacrifici e di informarsi meglio sulla qualità, e quindi sulla provenienza, del nostro cibo. È il caso, allora, di porci domande quali: meglio uno snack dietetico che contiene grassi tropicali e conservanti o una fettina di pane integrale con un buon olio extra vergine d’oliva? Meglio imparare a cucinare con pochi grassi o affidarsi a piatti dietetici pronti? Meglio un centrifugato di ortaggi di stagione o il beverone dietetico di turno?

Chi non si pone queste domande continua ad illudersi che il suo peso dipenda esclusivamente dalle calorie assunte e continua a delegare ad “altri” il suo benessere personale, dimenticando che ognuno è il personal trainer di se stesso. Una caloria non vale l’altra e il nostro metabolismo, depositario di una sapienza genetica millenaria, lo sa benissimo.

 

 

Donne e menopausa: dal Tai Chi un grande beneficio per ossa, umore e benessere generale

Si calcola che 200 milioni di donne nel mondo soffrano di osteoporosi, una malattia degenerativa caratterizzata da riduzione della massa ossea e deterioramento del tessuto osseo che rende le ossa fragili e aumenta il rischio di fratture, soprattutto a livello di anche, colonna vertebrale e polsi. Le donne in postmenopausa sono le più colpite, con un rischio quattro volte maggiore rispetto agli uomini. Questo a causa della riduzione dei livelli di estrogeni; altri fattori di rischio sono un’alimentazione scorretta o insufficiente, squilibri ormonali e il processo d’invecchiamento. In quest’ultimo giocano un ruolo chiave i cosiddetti “ROS”, sostanze chimiche reattive contenenti ossigeno che vengono normalmente prodotte nelle nostre cellule ma che determinano una condizione detta di “stress ossidativo” quando sono in eccesso.

Presso l’Università della Georgia, negli Stati Uniti, un gruppo di 171 donne in postmenopausa con osteopenia (ovvero con densità minerale al di sotto dei valori di normalità) per sei mesi ha partecipato ad un interessante esperimento: suddivise in quattro gruppi, ad uno è stato somministrato del placebo, ad uno dell’estratto di tè verde (ricco in polifenoli che hanno un’azione antiossidante), il terzo gruppo ha praticato Tai Chi per 3 ore alla settimana assumendo un placebo, il quarto gruppo ha praticato Tai Chi e ha assunto l’estratto di tè verde. I risultati, pubblicati su riviste internazionali prestigiose, sono notevoli: la pratica regolare del Tai Chi da sola migliora la qualità della vita e lo stato di benessere emozionale e psichico e aumenta la forza muscolare, mentre in combinazione con l’assunzione di estratto di tè verde riduce lo stress ossidativo (misurato attraverso un marcatore ematico), induce un aumento dei marcatori di formazione di nuovo tessuto osseo e una riduzione dei marcatori di riassorbimento. Il tutto senza provocare alcun effetto collaterale. [1], [2], [3]

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Pensieri di una nutrizionista distratta

Distratta. E’ vero, sono spesso distratta. Di quella distrazione che giova all’equilibrio emotivo; di quel divagare proficuo che regala leggerezza ai momenti pesanti. Distratta rispetto al rumore superfluo del mondo e al clamore che sfuggo e detesto.
La mia attenzione, dunque, è volubile e, passando dall’ascolto alla meditazione, dalla riflessione alla lettura, dall’approfondimento alle soluzioni, mi rende irrequieta dentro e curiosa fuori.
Sono una nutrizionista distratta. Mi distraggo spesso dal peso corporeo dei miei pazienti e mi concentro d’istinto sul loro racconto, sulle emozioni espresse, sulla mimica e sugli accenti che accompagnano i fonemi, che siano essi sussurrati con timidezza o urlati con ostentazione.
Osservo i segni esterni dei loro dolori e delle loro ansie e mi distraggo, così, dal numero espresso dalla bilancia, giustificandomi con l’idea che quel numero probabilmente è un approdo e che il viaggio, in fondo, è la cosa su cui vale davvero la pena di concentrarsi davvero.

Pane e parole

Far. Una parola piccola piccola eppure tanto grande, nel suo significato intrinseco ed  evoluzionistico, nelle tracce lasciate attraverso i secoli e nelle influenze sulla cultura e la civiltà dell’uomo. Far, in latino arcaico significava “cereale” e rappresentava ogni specie di cereale. Da far, dunque, farina. Farinoso. Sfarinare. Infarinare…

Le parole hanno sempre significati profondi, al di là di quelli più evidenti e nel loro tramandarsi, modificarsi e significare c’è qualcosa di segreto, quasi magico, che le rende preziose ed insostituibili.

È suggestivo leggere, ad esempio, dalle note di C. Darwin che molte lingue indicano il cibo e la bocca con fonemi simili ed assonanti a quelli che rappresentano la mamma; interessante, scoprire che l’evoluzione fonetica e fonologica intorno ai temi del cibo e dell’accudimento ha spesso radici comuni, dalle quali si possono cogliere spunti per riflessioni modernissime.

Ci penso ogni volta che mi trovo a lavorare con i bambini, concludendo, inevitabilmente, che è la capacità di stare con gli altri a modellare il nostro cervello e quindi il nostro linguaggio e il nostro comportamento. Compresi quelli alimentari. Che questa capacità ha radici profonde e segue tracce antiche, dalla nascita all’età del tramonto.

Il linguaggio, le parole e i comportamenti riferiti al cibo e in principio legati al bisogno, oggi trovano collocazioni differenti, si caratterizzano con intensità e tipologie variegate e si legano a spinte diverse da quelle puramente evolutive.

Ma, a fronte della maggiore capacità cognitiva, della massima espansione cerebrale e dell’apice indiscusso al quale è giunta la nostra intelligenza,  paradossalmente ci sfugge, spesso non cogliendone l’attimo, una meravigliosa ovvietà: l’essere umano che, rispetto a tutte le altre specie, ha il cervello più complesso e la socialità più elevata necessita di un periodo di dipendenza postnatale più prolungato che prevede, ineluttabilmente, l’accudimento da parte della madre. È in questa finestra spazio-temporale che i suoni e i gesti acquistano significato e diventano “linguaggio” e comunicazione. Come per gli antichi alle prese con i primi doni di Madre Terra, con i primi semi, con i primi far.

Di chi fidarsi?

Avete letto la novità? Le multinazionali alimentari ci propinano porcherie spacciandole per “cibo”! Quando a un controllo più approfondito da parte degli organi preposti emergono cose di questo tipo, sgraniamo gli occhi e atteggiamo la bocca verso il basso, esprimendo

disgusto e indignazione.
Ma siamo proprio sicuri di essere così inorriditi? Eravamo così convinti, dunque, della buona fede delle industrie alimentari in questione? Tutti noi avevamo creduto ciecamente alla veridicità delle etichette di quei tortellini, di quel ragù, di quei ravioli, senza mai

pensare che stavamo acquistando un prodotto alimentare di cui non conoscevamo assolutamente nulla? Eppure, in un passato non molto lontano abbiamo letto di polli alla diossina, pasta alle micotossine ed altre amenità del genere!

Suvvia, siamo seri e sinceri almeno con noi stessi: la maggior parte di noi si è posta qualche domanda a riguardo, ma ha comunque scelto di comprare quel dato prodotto giustificandosi con la convinzione di aver risparmiato tempo.
Bugie: quelle propinateci dalle aziende, e quelle che diciamo a noi stessi ogni volta che ci creiamo l’alibi del tempo.
Mi sono presa qualche giorno per cronometrare alcune mie preparazioni casalinghe ed ho scoperto che preparare un sugo con verdure costa, in termini di tempo, 10 minuti; una frittata di porri, 15 minuti, compresa la fase di asciugatura dell’olio in eccesso; un sugo a base di formaggio e spezie, 8 minuti; un’insalatona mista con mozzarella, 10 minuti se dobbiamo ancora lavare gli ortaggi, 5 se li abbiamo lavati al mattino prima di uscire; una minestra di verdura, il tempo di cottura della pasta, se abbiamo avuto l’accortezza di lessare e frullare le verdure la sera prima.
Sbucciare una frutto richiede meno di un minuto, tagliare una fetta di pane e spalmare sopra un po’ di marmellata richiede un minuto circa e poco più gustare uno yogurt.

Caspita! Un’eternità!

Abbiamo moltissimi motivi per rivedere le nostre scelte alimentari e cominciare a non fidarci più delle marche e della pubblicità. Di chi fidarsi, allora?
Degli strumenti in grado di renderci consapevoli: l’istinto e i cinque sensi, prima di ogni cosa, l’accesso all’informazione, le tradizioni di famiglia, la saggezza contadina, le stagioni, il dubbio, il bisogno. Ma soprattutto, è l’idea che il cibo venga tutto, direttamente o indirettamente, dalla terra e dal lavoro degli agricoltori che deve illuminare ogni scelta di ciò che mettiamo in tavola.
Ci sono slogan promozionali di fronte ai quali dobbiamo sempre dubitare (i prodotti a un euro di certe catene di fast food, le offerte prendi tre e paghi due, ecc.), convincendoci che il cibo buono e sano non può e non deve costare così poco, perché reca con sé sapere, giustizia, salute, etica ed ecologia. Sono questi i valori da portare a tavola con il buon cibo locale e stagionale; sono il condimento che ce lo renderà un bene irrinunciabile.

Prendiamoci il tempo, dunque, di fare una buona minestra, organizziamoci conservando gli avanzi, ricominciamo a gustare il buon cibo, quello vero. E, se ci piace il ragù, che richiede tempi lunghi, facciamolo la domenica, con le materie prime scelte bene. Solo così non avremo brutte sorprese!

Pubblicato su Dimensione Agricoltura, marzo 2013

 

 

La MezzaLuna – Centro di Educazione Alimentare

Ci sono cose che stanno nell’aria in attesa di prendere forma e sostanza. Una di queste è “La Mezzaluna – centro di educazione alimentare”.

Se ne stava lì, indefinita ma già capace di individuare dei bisogni. Bisogni come quello di un nuovo diritto di accesso al cibo, di una nuova consapevolezza alimentare che si lega a quella ambientale e sociale. Aveva già in sé temi come il territorio, la partecipazione, l’agricoltura, la cultura, la biodiversità, il rispetto dei tempi della natura e molto altro.

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E’ un articolo di Emilio Bertoncini, Agronomo e Guida ambientale

Alimentazione nell’infanzia – secondo incontro

Lunedì 11 marzo dalle 21,30 alle 23,30, alla Misericodia di Fornacette

Mangiando s’impara: l’importanza dell’educazione alimentare
Parleremo delle strategie da adottare in famiglia e a scuola, per guidare i bambini e gli adolescenti nelle loro scelte alimentari!

L’incontro è gratuito.

Vi aspetto numerosi!