L’orto, il cibo, i bambini e… il basilico!

 

 

 

I bambini di oggi, si sa, a parte qualche eccezione, non amano la verdura. Ma se sulla tavola apparecchiata i vegetali non mancano mai e i genitori li consumano quotidianamente, il bambino impara che può fidarsi, ne avrà presto curiosità e finirà col mangiarli normalmente.

I bambini di oggi, si sa, amano i videogiochi, ma se li portiamo in campagna e li facciamo “giocare” a fare i contadini, seminando e accudendo la terra, si compirà una magia bellissima e quanto mai inattesa: i bambini si sentiranno perfettamente a loro agio e saranno ansiosi di veder nascere le loro piantine e raccogliere i frutti del loro lavoro.

Nell’orto i bambini cercano e trovano soluzioni ai problemi, sperimentano e valorizzano il legame con il sapere antico; imparano che c’è un tempo e un ciclo per ogni specie coltivata e che i frutti maturati sulle piante sono più sani e più nutrienti di quelli raccolti anzitempo e trasportati per lunghe distanze. Imparano che coltivare la terra significa lavorare con continuità e tenacia, recependo il valore di un’attività che troppo spesso, oggi, viene lasciata ai margini e considerata di seconda categoria.

Se poi il prodotto del loro gioco-lavoro trova un senso a tavola, allora il cerchio si chiude intorno alla consapevolezza di aver fatto una cosa grande ed utile: produrre cibo per sé e per gli altri.

Il basilico di Giulia.

Giulia ha seminato minuscoli semi di basilico in un piccolo vaso ed ha atteso con pazienza lo spuntare delle prime piantine. La terra umida e il primo sole di primavera l’hanno premiata e lei non vede l’ora di vedere delle belle foglie verdi e profumate riempire il suo vaso. Vuole usarle per aromatizzare la panzanella, piatto povero della cucina toscana.

Intanto si è informata sulle caratteristiche della sua pianta e ha scoperto che è originaria dell’Asia e che possiede buone proprietà antisettiche e antidolorifiche. Inoltre, il suo olio essenziale stimola le difese immunitarie e facilita la digestione. In India è considerata una pianta sacra ad alcuni dei, mentre nelle Filippine si utilizza ancora oggi per indurre il parto.

Il suo nome prende origine dal termine greco basilikòn che significa “regale” e nelle civiltà antiche il suo uso è legato al culto funebre, per la presenza di olii essenziali che conferiscono alle foglie un odore molto particolare e gradevole. In barba all’uso lugubre del passato, Giulia annusa il suo basilico appena nato e pregusta la panzanella. Del resto, povero o no, si tratta di un piatto molto diffuso e “cantato” non solo in Toscana.

“Pagnotta paesana un po’ intostata,

cotta all’antica, co’ la crosta scura,

bagnata fino a che nun s’è ammollata.

In più, per un boccone da signori,

abbasta rifinì la svojatura

co’ basilico, pepe e pommidori.”

Aldo Fabrizi

Dimensione Agricoltura giugno 2012

 

Cibo, salute e benessere al femminile

Donna è la prima nutrice, dal grembo al seno al primo cucchiaino, colei che provvede alle cure e al sostentamento del proprio piccolo. Donna è l’adolescente che si guarda allo specchio e non si riconosce più nella vita stretta e nei fianchi larghi che la preparano alla fisiologica funzione della procreazione. Donna è la cuoca di casa, la nonna o la suocera delle lasagne domenicali, così come la mamma che prepara il pasto caldo della sera e mette tutti intorno al tavolo. Donna, infine, è Eva, che porge la mela ad Adamo.

Da sempre la donna ha avuto un legame inscindibile con gli alimenti e con il loro consumo. Ecco perché il cibo ha in generale una valenza del tutto particolare nel mondo femminile.

È interessante notare come la preparazione quotidiana dei pasti per i propri cari abbia assunto nei secoli una valenza emotiva profonda: la donna è divenuta nel tempo fautrice di modificazioni alimentari attraverso metodi conservativi e cotture particolari. Attraverso la produzione di pietanze e pasti la donna ha esercitato nei tempi un potere univoco, riempiendo vuoti, tessendo relazioni e compensando ingiustizie. È stato un percorso lungo e travagliato quello che ha fatto del rapporto fra donne e cibo il connubio che oggi riconosciamo essere così importante.

La civiltà dell’opulenza espone tutti all’offerta eccessiva di cibo e contemporaneamente alle immagini insistenti e penetranti di corpi perfetti. Quindi, accanto all’esaltazione della forma corporea e al benessere vi è la demonizzazione di molti cibi, definiti “ipercalorici” ed ingrassanti: il cibo, dunque, diventa nemico della forma fisica ed assume connotazioni che lo snaturano e lo allontanano dai concetti atavici di convivialità, identità e condivisione.  L’atto del mangiare, dunque, si annoda strettamente al problema dell’immagine di sé, creando spesso distorsioni pericolose.

Questo articolo è stato ispirato da numerose letture, interessanti e coivolgenti, fra cui Il cibo una via di relazione (Savorani) e Semiofood, Comunicazione e Cultura del cibo (AA.VVV).

 

Di questo e molto altro si parlerà nell’incontro “Cibo, salute e benessere al femminile”, che si terrà sabato 6 ottobre nella sede della CIA di Pisa, in via Malasoma 22 (zona Ospedaletto). L’incontro propone percorsi e strategie per ritrovare e mantenere un sereno rapporto fra cibo ed immagine corporea, scegliere bene gli alimenti, associarli nel modo più adeguato, apprezzare le emozioni legate all’atto del mangiare. I partecipanti avranno la possibilità di confrontarsi su queste tematiche e di acquisire nuove nozioni e strategie, grazie alla presenza di due professioniste (Giusi D’Urso, biologa nutrizionista e Cristina Cherchi, pedagogista clinica). Nell’arco del pomeriggio, oltre ad una lezione teorica, verranno approntati dei piccoli laboratori, seguiti da una degustazione a tema.

 

 

 

 

 

 

 

 

Dovuto alla natura.Riflessioni sulla complessità biologica e culturale

Le risposte della scienza alle domande specifiche sono insufficienti, oggi, a spiegare e capire il nostro mondo così complesso. Brian Goodwin, eminente biologo e matematico, rappresenta la natura come una serie di reti complesse e interconnesse di rapporti, per comprendere i quali è necessario adottare una nuova scienza, una nuova arte, un nuovo design, un nuovo modello economico e nuovi modelli di responsabilità. Dobbiamo essere preparati a dare alla natura il dovuto: riconoscere che abbiamo un debito con il mondo naturale e rifiutare di sfruttarlo solo per i nostri fini.  Solo così possiamo comprenderla, rispettarla e rendere le nostre scelte sostenibili per l’intero pianeta. In questo libro, Brian Goodwin propone di ripensare e ampliare la visione scientifica in modo tale che natura e cultura siano considerate un processo creativo unico ed ininterrotto, e non due ambiti separati e mai in comunicazione. Una lettura affascinante, dopo la quale è impossibile non riflettere sul tema delle scelte personali quali strumenti per cambiare, in meglio, il mondo.

Modello alimentare mediterraneo, doppiamente valido, ma purtroppo ormai scomparso!

 

 

 

 

 

 

It is well known that the Mediterranean nutritional model is perfectly consistent with the nutritional indications of the guidelines produced by the most important and authoritative societies and scientific institutions of our time. It, we remember, is based on a high consumption of vegetables, legumes, fruit and nuts, olive oil and cereals (once, almost all wholemeal); moderate consumption of fish and dairy products; limited meat consumption.
It is in Greek culture that the Mediterranean diet has its roots, which developed, over the centuries, as a need for thrift during very poor historical eras that have drawn rules and ideas for survival from peasant culture, especially in our south.
The eating habits of the southern peasants spread during the Middle Ages and, passing down from century to century, they reached the Second World War, inspiring and intriguing Ancel Keys, American doctor, who was struck by the eating habits of the Cilento population, once known landed in Paestum following the Fifth Army in 1944. He thus became the main theorist of the Mediterranean diet, indicating and defining it as the preventive nutritional model for cardiovascular and metabolic diseases. From Keys’ studies to date, many scholars have confirmed the important correlation between the Mediterranean diet, good health and longevity.  The good parts are Kratom, Kratomystic, https://kratomystic.com when taken in the right amounts 
One of the most important recent studies is that conducted by   EPIC(European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition); this is the largest population study conducted on the relationship between diet and health. The results are clear: fruits and vegetables reduce mortality in the elderly, while mortality increases in those who consume more saturated fats (i.e. those of animal origin; however, remember that even tropical oils are rich in saturated fats despite being vegetable). The “Mediterranean” nature of the diet was judged by identifying “Mediterranean” food groups (vegetables, legumes, fruit, cereals and fish) and Mediterranean behaviors, such as higher consumption of unsaturated fatty acids (mono and polyunsaturated) than saturated. It has been seen that the more a nutritional model of the sample populations approaches the Mediterranean, the higher the percentage of longevity.

Today, however, it is important and urgent to evaluate a nutritional model also with respect to its sustainability. There are many studies relating to the environmental impact of each food and the way it is consumed. The various studies show the importance of evaluating particular environmental indicators, such as the emission of greenhouse gases (Corbon Footprint), the water footprint (Water Footprint), the ecological footprint (Ecological Footprint).
Well, even from this point of view, the eating habits of central and southern Italy in the 1950s are virtuous. In fact, fruit, vegetables and cereals, if local and seasonal, have a much less ecological impact than meat. In particular, the production of beef, essential raw material of fast food dishes, has a huge environmental impact; just think that it takes 100 grams of vegetable protein to get 15 grams of animal protein from a cow or pig. Some time ago, in Il Manifesto, Francesca Colasanti wrote “… a world populated by a billion cattle, an immense herd that occupies 24 percent of the earth’s surface and that consumes a quantity of cereals sufficient to feed hundreds of millions of people: the human species, if it wants to save itself and the planet that hosts it,
On the sustainability of meat consumption there are many studies and essays in the literature on which it is possible to find information, starting from “Ecocide” , a truly incisive text, by Jeremy Rifkin published in 1992.

We are in Italy, the cradle of the Mediterranean diet, you will tell yourself, what’s the problem, then? There is more than one problem and we all know it. But in order not to make exhausting lists I will focus on one, the basic one.
Don’t be surprised, at this point, if I assert that the Mediterranean diet, just as Keys had exalted it in his studies from the 1950s on, no longer exists. It has been supplanted by a hodgepodge of food choices, a very unfortunate fruit, of the globalization of nutritional models from overseas. The Mediterranean diet has remained in our heads, like a beautiful image of the past, of which we are hypocritically proud.
In recent decades, drastic changes in the style of food consumption have occurred in our country that have paved the way for the consumption of industrial products, nutritionally poor and highly adulterated. But also the basic foods of our original food model have changed: we think of flour, olive oil, wine. Every day, in newspapers we read about adulterations and scams about these and other components of the diet.
It is therefore difficult to think of being in the right place at the right time if we do not do something to change this trend. After all, it is not a question of inventing something new, but of rediscovering our origins and enhancing them. We are still a country “geographically” suitable for the Mediterranean food model, provided we are ready for cultural change, without which no revolution, much less that of food, will never be possible.

To know more

  • Martínez-González MA, de la Fuente-Arrillaga C, Nunez-Cordoba JM, Basterra-Gortari FJ, Beunza JJ, Vazquez Z, Benito S, Tortosa A, Bes-Rastrollo M. Adherence to Mediterranean diet and risk of developing diabetes: prospective cohort study. BMJ 2008; 336 (7657): 1348 -1351
  • Sofi F, Cesari F, Abbate R, Gensini GF, Casini A. Adherence to Mediterranean diet and health status: meta-analysis. BMJ 2008; 11: 337-344.
  • Mediterranean diet and cardioprotection. Raffaele De Caterina. The CNR notebooks. Primula Editrice.
  • Eating Planet 2012. BCFN. Edizioni Ambiente (from which the image of the double pyramid is taken).

 

 

Gusto e salute, la dieta mediterranea è servita!

La convinzione che diffondere consapevolezza alimentare e creare sensibilità intorno a temi importantissimi, quali quelli dell’agricoltura e del cibo, sia oggi una priorità, ci ha portati ad organizzare altre iniziative per quest’estate. Altri “Incontri intorno al cibo”, dunque, per coniugare, ancora una volta, la terra e l’alimentazione sana, la salute e la cultura del cibo, l’alimentazione e la sostenibilità.

 Questa volta, però, i nostri Incontri si sposteranno in azienda, nell’ambiente, cioè, dove ognuno di questi concetti trova terreno fertile (è proprio il caso di dirlo!) per esprimersi al meglio e divenire un valore da portarsi dentro e su cui costruire nuove abitudini e buone pratiche quotidiane. Continua a leggere

Prevenzione e comunicazione: discipline imperfette!

spuntino.jpgFare prevenzione, oggi, non va di moda. Gran parte del mondo “sanitario” è fortemente tesa alla cura. Basti pensare alla presenza ingombrante delle case farmaceutiche, di certa chirurgia, e in generale alla tecnologia utilizzata dalla medicina.

È rassicurante, certo, che per quasi tutte le più comuni patologie, oggi esista una terapia, un intervento, un trattamento altamente specializzato che possa arginare, e in molti casi, guarire una malattia.
Ma la prevenzione, disciplina assai lungimirante e preziosa, rimane ancora stretta a un angolo, come fosse poco degna di attenzione e considerazione.

Nessuno mai, si sa, ringrazierà quell’operatore che, con un intervento preventivo, è riuscito ad evitare un infarto. Mentre tutti saranno pronti ad applaudire l’ottimo e provvidenziale cardiologo che avrà salvato il paziente dall’infarto acuto.
Triste destino, insomma, quello di chi fa prevenzione. E ancora più triste di chi predica prevenzione a tavola, credetemi!

Tuttavia, credo che attraverso la buona informazione sia possibile fare arrivare alle persone la percezione corretta di ciò che fa un operatore di prevenzione e dell’utilità della sua professione. Uno dei problemi credo sia l’aggettivo che connota l’informazione: buona, pessima, fuorviante, corretta, infondata, adeguata, veritiera, ecc.

Troppo spesso, difatti, certa stampa sacrifica la verità, la meticolosa e corretta descrizione degli argomenti, allo scoop, al delirio della notizia a tutti i costi. E così, il danno apportato da certe diete iperproteiche passa in secondo piano, cedendo il passo alla notizia che le stesse diete hanno fatto perdere peso a questa o a quella star televisiva o ad un vanesio presidente del consiglio; oppure, l’annosa questione dei disturbi del comportamento alimentare, in aumento fra i giovanissimi, appare cosa secondaria di fronte allo scoop che una delle più note attrici di Hollywood ha sfilato sul red carpet mostrando in pubblico una magrezza assai sospetta.

Forse, rifletto, la divulgazione scientifica (perché di questo si tratta) in materia di prevenzione merita maggiore attenzione e competenza. Forse bisogna partire dal linguaggio degli stessi operatori, dal loro comportamento e dal loro ruolo. Chi rimane arroccato sulla sua cattedra o rinchiuso nel suo laboratorio di ricerca ha ben poche speranze di farsi comprendere dai non addetti ai lavori, giornalisti compresi. Chi si ostina ad usare un linguaggio tecnico per spiegare cose utili a tutti non ha alcuna possibilità di divulgare il suo sapere, anzi, rischia fortemente che questo ne esca deformato e, alla fine, poco aderente alla realtà e poco fruibile dai più.

Sapere e far sapere sono due cose ben diverse. Così come scrivere e comunicare. Si può sapere molto senza riuscire a trasmettere la propria competenza; si può scrivere benissimo senza riuscire a comunicare un bel niente.

Per tornare alla prevenzione, dunque, sebbene essa faccia poco scoop, sforziamoci di comunicare gli strumenti per praticarla in modo semplice e accessibile; e pretendiamo che sia riportata dai mezzi di informazione in modo corretto, aderente, coerente e mirato.
Così, forse, potremo sperare di leggere ancora da qualche parte uno slogan, caro a chi fa il mio lavoro, sparito da tempo da giornali e tv: “prevenire è meglio che curare”. Ve lo ricordate?

 

 

 

Obesità e magrezze estreme: due facce della stessa medaglia

La primavera è il periodo dell’anno in cui si fa un gran parlare di diete, pancia, grasso, cellulite e peso forma. Mettersi a nudo, si sa, è cosa assai faticosa, se il rituale balneare diventa una passerella per addominali, bicipiti e quadricipiti prestanti e se il confronto crea ansia e disagio.

Per chi fa il mio lavoro parlare di peso e di alimentazione è “pane” quotidiano e sempre più lo è anche avere a che fare con magrezze estreme che, seppure opposte al più comune sovrappeso, pongono gli stessi interrogativi e fanno vibrare, anche se in modo diverso, le stesse corde emotive.

Si tratta, insomma, delle due facce di una stessa medaglia. Due lati, ancora per molti versi oscuri, della stessa complessa e sempre più dibattuta faccenda “cibo”.

In entrambi i casi, infatti, ciò che fa riflettere è il rapporto con l’alimentazione, misterioso, atavico, ma sempre più destrutturato e controverso.

E se per un problema si continua, in maniera quasi automatica e a volte irresponsabile, a fornire questa o quella dieta che magicamente faccia sparire i chili di troppo, per l’altro ci si arrovella su percorsi cognitivi-comportamentali, su approcci più o meno efficaci, su modelli più o meno adeguati. Ma il comune denominatore è, sempre e comunque, il cibo.

La stessa medaglia, così, si mostra in modo sempre più eclatante nelle sue due facce apparentemente opposte. In realtà, dovremmo fissare l’attenzione su uno solo di questi aspetti, e cioè la medaglia stessa. Cosa sta capitando al nostro rapporto col cibo?

Nel momento in cui la convivialità, il piacere del gusto a tavola, l’apprezzamento di pietanze semplici sono stati riposti fra le cose obsolete, il loro posto è stato inevitabilmente occupato da “altro”. Il vociare dei bambini e il tintinnio delle posate sui  piatti, così come i racconti della giornata e gli apprezzamenti sulle pietanze, sono stati sostituiti dal rumore pervicace della tv, con i suoi slogan, i suoi gingol, le sue frasi ad effetto e le sue immagini, pregnanti ed aggressive, studiate appositamente per condizionare ed essere ricordate a lungo.

Al nostro tavolo, però, c’è un altro ingombrante convitato: il tempo. Tutto ciò che mettiamo a tavola, dai tovaglioli (di carta, perché non si lavano e si fa prima!) alle pietanze (già precotte, così c’è solo da scaldarle e si fa prima!) ai nostri discorsi (meno se ne fanno e meglio è, così non si litiga e si fa prima!) è finalizzato al risparmio di tempo.

Ma, cosa facciamo con tutto questo tempo che risparmiamo in cucina e a tavola? Lavoriamo, per pagare mutui, comprare abbigliamento adeguato, automobili efficienti, telefonini efficienti, computer efficienti. Lavoriamo anche per acquistare tv con una buona risoluzione e un ottimo audio che ci distolgano dalla convivialità. Ma anche per andare a fare massaggi drenanti e sentirci magri come i personaggi televisivi più in voga, per pagarci le vacanze che sentiamo di meritare e per comprare creme che ci fanno snellire mentre dormiamo.

Ho estremizzato e generalizzato, ovviamente, e qualcuno probabilmente si sentirà infastidito dal mio modo di descrivere certi atteggiamenti entrati ormai nel quotidiano e, per questo, reputati normali dai più. Chiedo venia, ho esagerato per efficacia comunicativa!

Il guaio è che devastando la nostra buona consuetudine all’accudimento e alla tradizione stiamo mettendo a rischio serissimo la salute di intere generazioni.

Tutte le relazioni, familiari e non, passano, prima o poi, attraverso il cibo. Esso è uno strumento socializzante eccezionale, il primo, il più antico ed infallibile. Le prime comunità umane sorsero intorno ad un fuoco sul quale si cuoceva e si condivideva il cibo. Attorno a un campo arato con le mani e a cacciagione ripulita, ripartita e offerta dalle donne. La condivisione e l’accudimento sono colonna portante sulla quale si incardina il rapporto con gli altri e con se stessi, con il proprio sé, con la propria identità e la propria immagine. Persino il rispetto per se stessi passa attraverso il cibo, sottoforma di legittima gratificazione, di prevenzione ed auto-accudimento.

A cosa ci servono, allora, i modelli di estrema magrezza e i messaggi pubblicitari sui cibi fortificati, se abbiamo dentro di noi una saggezza infinita fatta di millenni di consuetudini e di tradizioni? Perché lasciarsi indottrinare da nuove “finte” culture, quando abbiamo la nostra, che ci ha permesso di  sopravvivere ed evolverci, di creare intere comunità, di civilizzarci ed accudire adeguatamente la nostra prole?

In realtà, buttare in aria una medaglia dalle due facce così difficili da gestire e interpretare, non è un gioco proficuo. Lo sarebbe molto di più la sfida di recuperare un rapporto più reale e sereno col cibo, senza inseguire modelli inarrivabili, senza sprecare il tempo a rincorrere il tempo per poi sprecarlo di nuovo.

Rimettiamo le relazioni umane al centro della nostra esistenza e il cibo, quello vero, al suo posto, cioè a tavola, fra cucchiai, piatti e vociare di bimbi.

 

 

 

 

La guerra a tavola!

Il pasto dovrebbe rappresentare per la famiglia un’ottima occasione per ritrovarsi e condividere sensazioni ed emozioni positive. Dopo una giornata trascorsa fra impegni di scuola, sport, musica ecc., quante cose hanno da raccontarci i nostri bambini!
Spesso accade,invece, che il pasto si trasformi in una piccola guerra quotidiana togliendoci il piacere di stare insieme.
Capricci, inappetenza, cattive abitudini possono rendere questo momento di preziosa convivialità una faticosa prova di pazienza e resistenza.
E il cibo? Che posto dare, allora, al nutrimento? Come va gestito in una situazione difficile come quella appena descritta?
Una delle cose principali da ricordare è che nessun bambino si lascerà mai morire di fame davanti ad una tavola ricca di cose buone da mangiare. Piuttosto egli tenderà a scegliere non solo secondo i suoi gusti, ma anche secondo i vostri! L’imitazione è una delle prerogative dei bambini, soprattutto a tavola.
Quindi l’importante è mostrare sempre coerenza nelle scelte alimentari, senza lasciarsi distogliere troppo dai capricci e dai tentativi di “destabilizzazione” messi in atto dal vostro piccolo.
La colazione, il primo pasto della giornata, rappresenta uno dei momenti più importanti dal punto di vista alimentare. Essa infatti rifornisce l’organismo dopo un periodo di digiuno prolungato. Spesso i ritmi frenetici della quotidianità ci portano ad essere frettolosi e a non prestare troppa attenzione a ciò che mangiamo e che proponiamo ai nostri figli.
La fretta ci fa iniziare la giornata col fiatone e con la sensazione che sarà tutto molto faticoso. Ma una tovaglia dai colori allegri e una colazione ricca e appetitosa, possibilmente consumata tutti insieme, possono cambiare la solita partenza a strappo in un inizio più allegro e meno faticoso.
Cosa mettere in tavola a colazione?
Se il vostro bambino beve volentieri il latte e lo digerisce bene, proponeteglielo bianco, o al massimo con un cucchiaino di miele.
Se il sapore e l’odore del latte caldo non è gradito provate a proporglielo appena tiepido. In questo modo risulterà meno acuto. Se proprio volete aggiungere della cioccolata utilizzate un cucchiaino di cacao biologico equo-solidale. Con il latte vanno bene i cereali, i biscotti (meglio se fatti in casa), le fette biscottate e il pane tostato. I cereali, ottima fonte di fibra e carboidrati, non devono essere integrali: l’eccesso di fibra, rende difficoltoso l’assorbimento di minerali preziosi, quali il calcio. In commercio è possibile trovare dei biscotti senza conservanti né coloranti e privi di grassi vegetali idrogenati. Ma se avete voglia di farli da voi, in fondo alla dispensa troverete una ricettina niente male!
Fette e pane tostato: la tostatura rende più digeribili gli amidi, trasformandoli in maltodestrine. Cosa spalmare sopra? Burro e marmellata o miele. Se il vostro bambino è particolarmente goloso potete concedergli della cioccolata fondente due volte a settimana.
E per chi non gradisce il latte? Ci sono numerose alternative: yogurt, spremuta d’arancia, orzo, tè deteinato, altre tisane. Qualche mamma si preoccuperà dell’introito di calcio. Ebbene, il calcio è un minerale contenuto in moltissimi alimenti: carne, pesce, legumi, varie verdure, latticini. Se il bambino non beve il latte e mangia pochi latticini, preparategli i legumi spesso, più che la carne , e dategli da bere dell’acqua ricca di calcio (un paio di bicchieri al giorno).
La colazione sarebbe perfetta se riuscissimo anche a fargli mangiare un po’ di frutta fresca di stagione o secca. La frutta fresca, come sappiamo, è un’ottima fonte di vitamine, sali minerali e fibra. La frutta secca contiene grassi insaturi, sali minerali e carboidrati: una manciata di mandorle (peraltro ricchissime di calcio) o di pinoli possono rappresentare persino un piccolo premio per aver fatto colazione senza fare i capricci!
Se poi la mamma e il papà sono a tavola a fare colazione insieme a lui, il bambino troverà tutto molto più gustoso!
Ricordiamoci di dargli sempre la merenda per la scuola: eviteremo così di sottoporlo a un digiuno prolungato e di farlo arrivare troppo affamato a pranzo. Per merenda o spuntino si intende un piccolo pasto leggero ed equilibrato. Evitate le merendine confezionate e preferite sempre roba genuina e digeribile: pane e …, una fetta di torta fatta in casa, una o due mele, un pezzetto di schiacciata non troppo unta o salata.
E alla fine della mattinata tutti a pranzo!
Se il bambino rimane a mangiare a scuola cercate di tenervi sempre informati su ciò che ha consumato, in modo da non ripetere le stesse cose a cena e da non sovraccaricarlo di nutrienti che ha già introdotto. Se invece avete la fortuna di pranzare con lui e con il resto della famiglia è consigliabile un piatto unico che magari avete preparato o “programmato” la sera prima.
Cosa significa piatto unico? Facciamo alcuni esempi: minestra di legumi, pasta al ragù, risotto alle verdure con parmigiano, pasta al sugo di pesce, pasta con la ricotta, ecc. In generale è meglio prediligere i carboidrati che, soprattutto nella prima parte della giornata, forniscono l’energia necessaria al vostro bambino a muoversi, studiare, giocare, ecc.
Non è necessario forzarli a mangiare la frutta dopo il pranzo se questa è stata consumata a colazione o come spuntino a metà mattinata. Al contrario, se il bambino, come comunemente accade, è restio a mangiarla, proponetegliela spesso durante l’intera giornata, sia come frutto semplice che come macedonia, frullato o centrifugato.
E i succhi di frutta? C’è la convinzione errata che il succo di frutta possa sostituire la frutta stessa. In realtà i succhi che si trovano in commercio, a parte la comodità di poter essere offerti al bambino in qualsiasi situazione, non hanno nessun altro vantaggio, né educativo tanto meno nutrizionale; anzi, da studi recenti è emerso un elevato contenuto di pesticidi, dovuto al fatto che la lavorazione di questi prodotti industriali parte dalla frutta con la buccia e spesso viene effettuata in Paesi lontani, in cui i controlli e le leggi sono più lassi che in Italia.
Ricordiamoci, dunque, che la frutta può essere sostituita solo con la frutta!
La merenda, per i nostri cuccioli, è un piccolo pasto, soprattutto
se il bimbo pratica una o più attività sportive. È consigliabile offrirgli dello yogurt seguito da qualche biscotto e un frutto, oppure una fetta di dolce casalingo e del latte o una spremuta d’arancia. Alternare e variare è importantissimo. Altrettanto importante è non rimpinzarli di merendine pronte, ad alto contenuto di zuccheri e grassi (per non parlare dei coloranti e dei conservanti): tutte cose superflue all’alimentazione di nostro figlio.
La cena, infine, dovrebbe prevedere un piatto proteico (carne, pesce, formaggio, uova, legumi) con un bel contorno abbondante e, in ordine inverso rispetto a quello tradizionale, un primo piatto semplice e ridimensionato (50 g di pasta o riso). La scelta di iniziare la cena con il piatto proteico è legata alla precoce sazietà del bambino, che stanco e magari un po’ stressato dai ritmi frenetici della giornata, finirebbe col saziarsi di pasta e rifiutare la carne (o il pesce, uovo, ecc.). Ricordiamoci , però, di non sovraccaricare l’alimentazione del nostro bambino con troppe proteine animali che, quando in eccesso, danneggiano i reni, il fegato e le ossa. E’ quindi sufficientemente proporre la carne due volte a settimana, così come il pesce, per dedicare gli altri giorni ai legumi, al formaggio e alle uova.
Niente dolciumi prima di dormire, niente yogurt alla fine del pasto. Semmai, per i bambini più piccoli, è concesso un pochino di latte e prima di dormire, purché sufficientemente lontano dalla cena.
Da non trascurare l’idratazione: i nostri bambini di solito bevono pochissimo e le bevande sbagliate. Ricordiamo che l’unica bevanda adatta a un bambino è l’acqua e che dai 10 anni in poi l’introito adeguato si avvicina a quello di un adulto (circa 2 litri al giorno).

Infine qualche consiglio in sintesi:

  • • Preparate piatti semplici e usando prodotti di stagione.
  • • Usate un po’ di fantasia e i colori della frutta e della verdura.
    • Non fatevi prendere dalla frustrazione se il bimbo rifiuta ciò che avete preparato.
  • • Date sempre il buone esempio.
    • Non fate mai mancare frutta e verdura sulla vostra tavola.
    • Davanti alla tentazione di prodotti confezionati spiegategli che le cose fatte in casa contengono un ingrediente prezioso: l’amore della mamma!

Biscotti allo yogurt

Ingredienti: 700 g di farina zero bio, 250 g di zucchero di canna

bio equo-solidale o di miele bio, 150 g di olio extra vergine

d’oliva, 5 tuorli d’uovo e 1 uovo intero, un vasetto di yogurt

naturale, due bustine di lievito per dolci.

Preparate una fontanella con la farina e lo zucchero e versate

dentro le uova, lo yogurt, l’olio e il lievito. Lavorate per bene,

spianate con un matterello e con delle formine a forma di frutta,

cuori, stelle, tagliate i biscotti e poneteli su una teglia coperta

con carta da forno. Infornate a 150 °C fino a quando i biscotti

saranno dorati.

Filastrocca per mangiare

Ogni mattina

Gli amici più fidati

li trovi apparecchiati:

la tazza e il cucchiaino.

Senti che profumino!

La mamma è affaccendata

la torta è preparata.

Il latte e poi i biscotti.

Attento che ti scotti!

Dopo una lunga notte

lo stomaco fa a botte

con la tua fame grande

mangeresti anche un gigante!

Ascolta la sua voce:

lui brontola e poi tace,

ma gaio ti vuol dire

di dargli da mangiare.

Senza la colazione

Cala la tua attenzione,

ti senti fiacco, e in giro

diranno che sei un ghiro!

Per esser sempre sveglio

devi mangiare al meglio.

Pane con marmellata,

d’arancia una spremuta,

di latte una tazza intera

la mamma ne andrà fiera.

Il più bravo dei bambini:

non mangia i merendini!

 

Ricetta e filastrocca tratte da:

“Mangiando in allegria. Mangiare sano e inquinare meno,

proviamo?” di Giusi D’Urso e Paola Iacopetti. Felici Editore, Pisa