Mangiare e bere nei giorni più freddi

Tra un’allerta meteo e l’altra abbiamo parlato con la Biologa Nutrizionista Giusi D’Urso  per sapere cosa cambia nell’alimentazione in questi giorni di gelo, soprattutto per chi deve svolgere attività all’esterno.
“Nella stagione fredda” – ci dice Giusi D’urso –  ”il nostro organismo è esposto ad un superlavoro di termoregolazione che richiede spesso un po’ di energia in più.

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Cercasi autorevolezza disperatamente!

L’autorevolezza, spesso erroneamente scambiata per autorità, è quella ormai rara qualità di un genitore che, con dolcezza, coerenza e determinazione riesce a fare da guida ai propri figli, indicando loro la strada, promuovendo la loro autosufficienza e nutrendo la loro autostima. Ciò a cui assistiamo oggi è, purtroppo, una sempre più diffusa assenza di regole e di coerenza, contestualmente ad un profondo senso di colpa genitoriale per ogni “no” timidamente sussurrato. A tavola, come in ogni ambito della vita quotidiana, la coerenza e la definizione dei ruoli sono fondamentali. L’alimentazione dei bambini è peggiorata enormemente nel’ultimo decennio e con essa la capacità di scegliere consapevolmente. Si assiste a una continua “delega educativa” dei genitori verso la tv, la pubblicità, le tendenze del momento e, soprattutto si fanno i conti, sempre di più, con il vuoto profondo lasciato dalla mancanza di autorevolezza e di attenzione, sempre più spesso colmato da cibo spazzatura e abitudini sedentarie.
Fare il genitore non vuol dire solo metterli al mondo, anche perchè “il mondo” è e sarà come siamo noi.

Idea nata dalla lettura di: http://www.ecodibergamo.it/stories/Cronaca/266118_un_bimbo_su_dieci__oversize_basta_bis_a_tavola_pi_severi/

I modelli, il cibo e la cattiva comunicazione.

Oggi, per arrabbiarmi un po’, prendo spunto dal racconto fattomi da un’amica, la cui bambina di otto anni è arrivata a casa con una novità: la maestra a scuola ha detto che alcuni cibi vanno evitati perché fanno ingrassare.
È bello, lo dico con convinzione, che una maestra si interessi all’educazione alimentare e che esprima la volontà di insegnare ai bambini la sana alimentazione. Ma, come in tutte le cose, ci sono mille modi per raggiungere un obiettivo e ritengo che questo modo sia il meno adeguato e all’argomento e al target cui è rivolto.
Se a un bambino insegniamo come accendere un fiammifero senza scottarsi, spiegandogli come tenerlo fra le dita, come orientare la fiamma e quando è il momento di soffiarvi sopra per spegnerlo, egli acquisirà una competenza, motivato da ciò che abbiamo trasferito, magari accompagnando il messaggio con l’esempio. Se, invece, al bambino viene detto che il fuoco brucia ed è pericoloso, quel bambino probabilmente non imparerà mai a gestire correttamente un fiammifero.
Vorrei che ognuno di noi riflettesse sul linguaggio. La nostra lingua è complessa e molto articolata: esistono numerose parole e altrettanti modi di dire la stessa cosa. Ma, facciamo un passo indietro e cerchiamo prima di avere le idee chiare su cosa vogliamo comunicare, con particolare attenzione al destinatario della nostra comunicazione.
Parlare di cibo a bambini della scuola primaria, così come agli adolescenti, implica una serie di competenze, responsabilità, abilità comunicative. Se è vero che il cibo non è solo nutrimento (non mi stancherò mai di dirlo e scriverlo!), ma anche e soprattutto strumento sociale, di condivisione e confronto con i pari, allora non può essere trattato come qualsiasi argomento, ma richiede delicatezza e attenzione. Se il corpo è il mezzo attraverso cui il bambino e l’adolescente si misurano con il resto del mondo, allora parlare senza cognizione di causa ai bambini di “grasso”, “ciccia”, “alimenti ingrassanti” o “dimagranti” è quantomeno rischioso, soprattutto se diamo un’occhiata a certi numeri: in Italia per ogni 1000 donne fra i 10 e i 25 anni si verificano tre casi di anoressia, dieci di bulimia, settanta di disturbi subclinici, cioè di difficile diagnosi; si registra, inoltre, una preoccupante anticipazione dell’età d’esordio in età prepubere (bambini sui 7 anni possono manifestare anoressia). In aumento anche i casi maschili adolescenziali (rappresentano un decimo di quelli femminili per l’anoressia nervosa) che tendono più al consumo per esercizio fisico che alla condotta alimentare restrittiva.
Sarebbe corretto, dunque, non avventurarsi in gineprai da cui poi è difficile uscire. L’educazione alimentare nelle scuole è fondamentale, ma va affrontata in modo serio e prudente, soprattutto in età pre-adolescenziale. Ritengo che gli educatori abbiano un ruolo importantissimo e che siano figure di riferimento su cui contare, a condizione, però, che i loro passi non siano azzardati e non si muovano su terreni a loro poco congeniali, in un’epoca, la nostra, in cui gli aggettivi “grasso” e “magro” assumono significati ben più complessi rispetto al passato.
Buona riflessione!

Spiegare il cibo ai bambini: adeguare l’educazione alimentare ai cambiamenti del mondo.

Ho l’ambizione di spiegare ai bambini cosa sta succedendo al nostro cibo. È un’ambizione motivata dalla certezza che bisogna fornire strumenti adeguati a chi il futuro se lo giocherà con fatica e facendo a meno di risorse a cui noi siamo abituati e che troppo spesso diamo per scontate.
Spiegare il cibo ai bambini non è solo fare educazione alimentare come siamo abituati a pensarla. Certo, sapere che gli alimenti si dividono in gruppi e che sono composti da principi nutritivi è importante. Come lo è, del resto, riconoscere una merenda finta (industriale) da una vera (casalinga)!
Tuttavia, sono convinta che il lavoro da fare sia più profondo, più ampio, più complesso e articolato e che richieda tempo, competenze, dedizione. Non è più sufficiente spiegare ai bambini cosa contiene il pane e quando e come va mangiato. È necessario raccontare loro cosa c’è dietro ciò che mangiano: la fatica di chi coltiva la terra e le difficoltà con cui oggi deve misurarsi. Ci sono modi, tempi e persone per questo, ma tutti possiamo fare la nostra parte, cercando il linguaggio adeguato, dando il buon esempio, non perdendo buone occasioni di confronto. Ricordiamoci che, come scrive J. Juul in uno dei suoi testi più famosi, il bambino è “competente”. Dobbiamo essere pronti a fidarci delle sue competenze e a valorizzarle.
Non è un’utopia insegnare ai bambini che le scelte di ogni giorno pesano sul futuro di tutti. È e deve restare un obiettivo comune a noi adulti.
Ho l’ambizione, dicevo, di spiegare ai bambini cosa sta succedendo al nostro cibo. E spero che sia un’ambizione contagiosa.

Il cibo “svuotato”!

Un antico aforisma recita “Il piacere dei banchetti non si deve misurare dalle ghiottonerie della mensa, ma dalla compagnia degli amici e dai loro discorsi.” Era Marco Tullio Cicerone che, nel 44 a.C., aveva già le idee ben chiare sulla relazione che il cibo intesse fra uomo e uomo.
Il cibo, dunque, non può essere semplice oggetto di interessi economici o semplice e puro edonismo. Esso deve, invece, assumere il valore supremo di qualcosa da difendere; una valida ragione, cioè, per tutelare e migliorare la qualità della vita, poiché da esso stesso, dipende la nostra vita.
Leggendo articoli come quello che vi propongo, non posso che provare rabbia (tanto per cambiare!) e scoramento (che dura, per fortuna, solo un attimo!) nel constatare ancora una volta a quale ignobile destino il nostro cibo e l’atto del mangiare siano destinati in questa società.
Se è vero che ognuno di noi associa il cibo a valori simbolici, culturali, creativi ed affettivi mi chiedo a cosa possa servirci la miriade di programmi televisivi di cui pullulano i palinsesti, pieni di personaggi, lontani mille miglia dalla cultura del cibo, che scucchiaiano e sforchettano all’insegna del gran gourmet! Soubrettes, attori, semplici cittadini chiamati a misurarsi fra i fornelli, per infarcire di ricette, consigli e trucchi culinari le nostre menti “affamate” di … di cosa, se siamo il Paese in cui si vendono un numero smisurato di libri di ricette ma non cucina più nessuno?
Mi vengono molte risposte in proposito, ma tutte con una leggera vena di perfidia ed ironia. Soprassediamo, quindi.
Analizziamo, invece, il fenomeno mediatico: il cibo fa ascolti. Parecchi ascolti. Quindi è diventato “merce”. Questa centralità così morbosa con cui vengono connotati l’atto del cucinare e del mangiare fa a cazzotti, peraltro, con i modelli proposti dalla stessa “scatola magica”, inneggianti alla magrezza estrema, alla perfezione e alla bellezza a tutti i costi. Allora, mi chiedo, come ci vogliono? Come ci vuole questo mercato? Forse, mi rispondo, non c’è una logica “umana”, biologica, sensata, razionale. Forse è solo e soltanto “mercato”.
C’è molto da riflettere su quanto vuoto è stato insufflato nella parola “cibo” e poco, anzi niente, su cosa fare davanti a programmi televisivi di quel tipo, non credete?

Idea nata dalla seguente lettura: http://www.repubblica.it/rubriche/bussole/2012/01/31/news/l_invasione_dell_ultra-cibo-29108923/

Mangiare pesce in gravidanza rende il neonato più intelligente

Consumare pesce in gravidanza migliora lo sviluppo cognitivo dei bambini. La conferma arriva da uno studio del pubblicato sul Journal of Clinical Nutrition  coordinato dalla dottoressa Cristina Campoy Folgoso dell’Università di Granada nell’ambito del progetto europeo Nutrimenthe. Utilizzando campioni di sangue prelevati da oltre 2mila donne alla ventesima settimana di gestazione e dal cordone ombelicale dei feti, i ricercatori hanno analizzato le concentrazioni di acidi grassi della serie omega 3 e omega 6 – sostanze di cui è ricco il pesce – per cercare di capire come questo alimento possa mediare gli effetti e la variazione genetica sulle capacità mentali dei nascituri. Gli studiosi si sono concentrati in particolare sull’analisi del gruppo di geni coinvolti nella sintesi degli enzimi delta 5 e delta 6, indispensabili nel processo di formazione degli acidi omega 3 e omega 6. I risultati? I figli delle donne che in gravidanza avevano consumato più pesce hanno riportato migliori risultati nei test di intelligenza verbale, delle abilità motorie sottili e del comportamento pro-sociale.

“Che un adeguato apporto di grassi in gravidanza e nel neonato fosse fondamentale per il normale accrescimento della retina e delle membrane cerebrali del bambino è ormai cosa nota da tempo. Del resto, fu proprio il passaggio da un’alimentazione costituita esclusivamente da bacche e radici a quella arricchita di carne, ma soprattutto pesce, che costituì la chiave nutrizionale per l’evoluzione del “grande cervello” spiega Giusi D’Urso, biologa nutrizionista responsabile dello sportello MangioSano di BabyConsumers, che si occupa di aiutare ed informare le famiglie (soprattutto con bambini o donne in gravidanza) sui temi della corretta alimentazione.

“Lo studio in questione – prosegue D’Urso- pone l’accento sul legame esistente fra il consumo di alimenti ricchi di acidi grassi a lunga catena e le variazioni genetiche relative alle capacità mentali. Si tratta indubbiamente di uno studio importante, che però è necessario contestualizzare nel quotidiano. All’atto pratico, infatti,consumare pesce marino più di tre volte a settimana può esporre al rischio di ingerire un bel carico di mercurio. Senza considerare altri danni potenziali, legati alle zone di provenienza del pesce. È il caso del Giappone, nel cui mare sono stati riversati materiali tossici a seguito della recente catastrofe nucleare”.

Come comportarsi, allora? “Intanto – aggiunge Giusi D’Urso – farei appello alla nostra natura onnivora, che garantisce, con la varietà alimentare, l’introduzione di acidi grassi essenziali anche da altri cibi, come i semi oleosi, l’olio d’oliva, i legumi secchi, frutta a guscio e alcune erbe aromatiche. Consiglierei il consumo di pesce, meglio se azzurro, due-tre volte a settimana, scelto con attenzione, soprattutto relativamente all’origine, ma contestualmente, direi che è importante mantenere un’alimentazione varia e ricca di alimenti locali e stagionali”.  E conclude: “Oggi, l’integrazione degli omega 3, così come altre sostanze (vitamine, sali minerali ecc.) è molto consigliata e diffusa, sia in gravidanza che in allattamento. Sono dell’avviso che un’alimentazione varia, sana, ponderata e corretta possa fare a meno di integrazioni, a patto, però, che gli alimenti siano ricchi allo stato naturale dei nutrienti di cui la gestante ha bisogno. Per garantire questa naturale ricchezza è sufficiente scegliere prodotti freschi, che non hanno viaggiato a lungo, che sono stati trattati il meno possibile e che quindi sono stati prodotti rispettando gli avvicendamenti stagionali e i cicli vitali di piante e animali”.

Fonte: blog.panorama.it

Basta il giusto

Incontro con Andrea Segrè sui percorsi possibili verso

una società sufficiente e felice!


venerdi 2 marzo alle ore 10 e 30
Al Podere del Grillo
via Serra 3 San Miniato (PI)


Andrea Segrè, professore ordinario di politica agraria
e preside della facoltà di agraria,
università degli studi di bologna
autore del libro “Basta il giusto”,
pubblicato da Altraeconomia Edizioni nel novembre 2011

Giusi D’Urso, biologa nutrizionista, educatrice alimentare.

Moderatore intrattenitore
Giacomo Caramelli

e’ un’iniziativa

della Confederazione Italiana Agricoltori di Pisa

Basta il giusto. Andrea Segrè

Lettera a uno studente sulla società della sufficienza
Manifesto per un nuovo civismo ecologico, etico, economico

E’ tempo di dire basta e di incamminarsi verso un nuovo civismo, ecologico, etico, economico: questo libro spiega come e perché

La visione di una società della sufficienza è il fulcro di questa “lettera” a uno studente che Andrea Segrè indirizza in realtà a tutti noi.
La logica della crescita e del debito ci ha portato a una crisi economica e ambientale profonda e a disuguaglianze sociali non più tollerabili. Basta il giusto è un vero e proprio manifesto per costruire un nuovo mondo fondato sulla coscienza dei limiti naturali e umani, governato da una rivoluzionaria “ecologia economica” e vissuto -finalmente- da un homo civicus che pratica uno stile di vita sostenibile e responsabile. Un appello alle generazioni future: per passare da un falso ben-essere a un autentico ben-vivere e a un mondo più giusto, per tutti.

Andrea Segrè è professore di Politica agraria internazionale e comparata all’Università di Bologna dove è preside della Facoltà di Agraria. Ha ideato Last Minute Market (www.lastminutemarket.it), spin off accademico per il recupero sostenibile e solidale dei beni invenduti, e promosso la campagna europea “Un anno contro lo spreco” (www.unannocontrolospreco.org). Autore, tra gli altri, di “Lezioni di ecostile. Consumare, crescere, vivere” (Bruno Mondadori). www.andreasegre.it

120 pagine, 7.00 euro

Back to school: il dilemma dello spuntino

Fra qualche giorno la campanella dismetterà la polvere estiva e ricomincerà a fare il suo dovere quotidiano. Sta per iniziare la scuola e, insieme all’emozione del primo giorno, allo sfoggio di nuovi zaini e nuovi libri, farà capolino anche il dilemma della merenda di metà mattinata, un problema che spesso nasce anche dal fatto che molti bambini non fanno una colazione adeguata. Il salto della colazione è, infatti, un errore molto diffuso fra le famiglie italiane e ha, fra i molti effetti, anche quello di una “destrutturazione” del piano alimentare giornaliero, portando a mangiare troppo agli spuntini e troppo poco ai pasti principali. Negli ultimi anni sono stati moltissimi gli studi sull’obesità infantile che hanno indicato il salto della colazione quale uno dei fattori di rischio più importanti.

Saltare la colazione può dipendere da molti fattori: il consumo di cene troppo pesanti, la mancanza di sonno, di tempo e di appetito, da una semplice abitudine sbagliata perpetuata dal cattivo esempio degli adulti. Comunque sia, il salto della colazione può indurre calo di attenzione, nervosismo, mal di testa e soprattutto la necessità di consumare uno spuntino molto più calorico del dovuto. Quest’ultima esigenza, unita alla mancanza di tempo al mattino, soprattutto nelle famiglie in cui entrambi i genitori lavorano, spesso trasforma la scelta della merenda in una grossa difficoltà.

Esistono due soluzioni per risolvere il problema: la prima, la più veloce, quella che addirittura evita di porsi alcun dilemma, è il ricorso alle merendine confezionate, veloci, pratiche, molto palatabili, scambiate e condivise con piacere da bambini e adolescenti. La seconda soluzione, quella che può mettere in crisi papà e mamma, è la scelta di spuntini “sani” e casalinghi. Ma, ahinoi, quando si lavora in due, preparare la merenda al mattino può rappresentare un intralcio alla routine, un ostacolo che ci fa perdere minuti preziosi e che, spesso, è causa di malcontenti, tensioni e capricci. Come fare, allora?

Ecco alcuni semplici e pratici consigli per affrontare con serenità il dilemma. Per chi non volesse perdere l’occasione di dare al proprio bambino uno spuntino sano ed equilibrato, oltre alla frutta di stagione, non sempre gradita ed accettata di buon grado, è possibile ricorrere allo yogurt, per il quale serve solo un cucchiaino! In alternativa, potrebbe rivelarsi comodo congelare del pane già affettato in piccole fette sottili, da scongelare appena alzati e spalmare velocemente con della marmellata o del miele (da utilizzare magari anche per la colazione). Un ottimo spuntino è rappresentato anche dal pane e cioccolato, a condizione che si tratti di una piccola porzione di pane, meglio se integrale e tostato, e di cioccolato fondente almeno al 70% o di crema al cioccolato e nocciole priva di grassi vegetali (olio di palma, olio di cocco, ecc.). In alternativa sì anche alla frutta a guscio accompagnata da qualche biscotto fatto in casa il sabato o la domenica o la classica fetta di ciambellone casalingo.

Diciamoci la verità: la frutta è e rimane lo spuntino di elezione. Ma, com’è noto, è molto difficile vedere nelle nostre scuole bambini che sgranocchiano allegramente e disinvoltamente una mela, nonostante i vari progetti ministeriali e le numerose campagne di sensibilizzazione. Chiediamoci perché. Prima di tutto hanno paura di essere presi in giro dai coetanei che quotidianamente tirano fuori dallo zaino barrette di ogni genere, patatine fritte, e merendini delle marche più pubblicizzate; altri motivi potrebbero essere rappresentati dallo scarso gradimento e dall’eccessivo appetito: un bambino che abitualmente non consuma frutta è difficilissimo che accetti di portarla a scuola e se salta la colazione non si accontenterà facilmente di una mela.

Non c’è via d’uscita, penserete! Sì, ce n’è più di una, invece. Prima di tutto dobbiamo lavorare sulla cena, rendendola un pasto leggero, digeribile ed equilibrato. Consumarla entro le 20:30, per consentire il completamento della digestione prima di andare a dormire. Il sonno, poi, non è da sottovalutare. Dormire a sufficienza significa, infatti, svegliarsi riposati, alzarsi in tempo per colazione e magari con appetito. Lavoriamo anche sulla prima colazione dedicandole un po’ di tempo. Se si va a letto ad un’ora adeguata ci si potrà permettere di alzarsi mezz’ora prima per tostare del pane e consumare una colazione adeguata a base di latte o yogurt, succo d’arancia, biscotti o dolce casalingo, magari insieme a tutta la famiglia, rendendola così un gradevole momento di condivisione e di scambio che può aiutare tutti a cominciare bene la giornata. Se la colazione sarà varia, equilibrata ed abbondante, per la merenda a scuola sarà sufficiente davvero uno yogurt alla frutta o una mela.

L’esempio, si sa, è uno strumento educativo importante che si rivela necessario anche nell’educazione alimentare. Fare colazione tutti insieme, mangiare spesso la frutta di stagione ed evitare di acquistare snack inadeguati aiuterà i vostri figli a fare le scelte giuste.
Per chi, invece, scegliesse la via più semplice, cioè quella dei prodotti confezionati, è consigliabile leggere con molta attenzione le etichette, evitando l’acquisto di prodotti contenenti grassi vegetali, coloranti, conservanti e aromi, quelli ad alto contenuto di zuccheri e sale (molto gradevoli al palato ma nutrizionalmente poveri). Anche in questo caso, però, sono validi i suggerimenti relativi alla cena e alla prima colazione, poiché, come abbiamo visto, il consumo dello spuntino non fa storia a sé, ma è parte importante del piano alimentare quotidiano la cui importanza è, nel complesso, fondamentale se vogliamo che nostro figlio si nutra in modo adeguato e impari a fare scelte alimentari corrette .

Già pubblicato su Genitori Magazine